L’impiccione/1. Cronaca di uno scandalo americano in diretta social
Impeachment Prima tappa della rubrica online «L'impiccione». Occhi indiscreti sulle indagini intorno a Donald Trump
Impeachment Prima tappa della rubrica online «L'impiccione». Occhi indiscreti sulle indagini intorno a Donald Trump
15° GIORNO DALL’APERTURA DELL’INDAGINE PER IMPEACHMENT
I casi di impeachment di un presidente non sono frequenti, se quello di Nixon si è svolto sui giornali, quello di Clinton in televisione, questo di Trump ha il suo veicolo principale sui social. Per una rubrica online su un presidente che governa da Twitter e arrivato alla Casa Bianca con (anche) l’aiuto di Facebook e Wikileaks, mi sembra giusto raccontare tutto questo attraverso una cronaca scandita dai social medial.
L’IMPEACHMENT CHE ANCORA NON C’È
Innanzitutto bisogna chiarire che l’impeachment ancora non c’è, quello che sta avvenendo è un’indagine per vedere se ci sono gli elementi per aprire un processo di impeachment che viene prima votato alla Camera (ora in mano ai democratici) per poi passare al Senato (in mano repubblicana) dove serve una maggioranza di ⅔ per sollevare il presidente dall’incarico.
Ciò che ha fatto la speaker democratica della Camera il 24 settembre è stato far partire l’indagine, a seguito di un rapporto di un whistleblower riguardo una telefonata avvenuta il 25 luglio fra Trump e il presidente ucraino Volodymr Zelensky.
Durante questa telefonata il presidente Usa avrebbe fatto pressioni sul suo omologo ucraino per aprire un’indagine contro l’ex vice di Obama, Joe Biden, al momento candidato di punta alle primarie democratiche, e contro suo figlio Hunter. Per spingerlo a ciò Trump avrebbe usato due leve: trattenere gli aiuti economici stanziati per la sicurezza interna Ucraina, e non ricevere Zelensky alla Casa Bianca.
I “favori”, come li ha definiti Trump, sono due: indagare su Biden padre e figlio per corruzione, visto che nel 2014 Joe Biden padre da vicepresidente si occupava di Ucraina mentre suo figlio era nel consiglio di amministrazione di una società di gas ucraina; promuovere una teoria secondo la quale ad hackerare il server della Democratic National Committee DNC, pochi mesi prima delle elezioni del 2016, non sia stata la Russia, come affermato dal rapporto del procuratore speciale Robert Mueller che ha indagato sul Russiagate, bensì l’Ucraina.
TEMPISTICHE
Dopo aver resistito per mesi alle richieste della sua base e del suo partito Nancy Pelosi ha deciso di cominciare l’indagine proprio durante l’Assemblea Generale dell’Onu, elemento che fa nascere in alcuni il sospetto che anche di fronte al resto del mondo l’inazione del Partito Democratico stava diventando insostenibile e che non era più una storia squisitamente di politica interna.
Da quel momento in poi gli eventi, e gli scambi di tweet, sono diventati compulsivi e spesso deliranti: Trump, non pago di aver chiesto a un leader straniero di interferire nelle lezioni Usa, ha raddoppiato, chiedendo anche alla Cina di investigare su Biden. Lo ha fatto durante un incontro con i giornalisti.
LE AUDIZIONI ALLA CAMERA
Per portare avanti la propria investigazione la Camera ha cominciato ad interrogare una serie di diplomatici, o almeno ci ha provato.
L’audizione riuscita è stata con Kurt Volker, ex inviato della Casa Bianca in Ucraina che, essendosi dimesso, ha testimoniato per se stesso. L’uomo ha rivelato una serie di messaggi di testo tra lui, Bill Taylor, diplomatico americano in Ucraina, e Gordon Sondland, ambasciatore Usa all’Unione europea, dove si leggono cose come: «Penso sia folle trattenere l’aiuto militare per un aiuto a una campagna politica».
Non è andata così bene con Sondland, di fatto impiegato di questa amministrazione, la cui deposizione è stata fermata da Trump a pochi minuti dall’inizio.
Il presidente della commissione d’intelligence della Camera, Adam Schiff, ha reagito dichiarando che questa mossa viene considerata come un atto di ostruzione alla giustizia.
Trump ha risposto a modo suo con un tweet, dove dice che avrebbe concesso al suo diplomatico di testimoniare se solo non avesse dovuto farlo con una compromessa «corte del canguro».
LA CRISI ISTITUZIONALE
Dopo aver fermato Sondland, la Casa Bianca ha fatto sapere tramite una lettera firmata dal consulente della Casa Bianca, Pat Cipollone, che non collaborerà all’inchiesta sull’impeachment, definita uno sforzo illegittimo «per rovesciare i risultati delle elezioni del 2016», e non fornirà più volontariamente testimonianze o documenti.
A questo punto la speaker della Camera Nancy Pelosi ha inviato un mandato di comparazione a Sondland per riuscire a portare a termine l’audizione fermata da Trump, ma il vero bivio in cui si trova Pelosi è se portare la battaglia in tribunale, dove potrebbe impantanarsi per mesi, oppure passare rapidamente alla stesura degli articoli dell’impeachment, corroborando le affermazioni di Trump di star gestendo un «tribunale del canguro».
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento