In Italia abbiamo ancora un enorme problema legato ai rifiuti urbani. Lo fotografa l’Ispra, cheieri ha presentato il rapporto Rifiuti Urbani del 2020, con dati aggiornati alla fine del 2019: tra il 2015 e lo scorso anno il volume complessivo di rifiuti prodotti invece di calare è cresciuto quasi del 2%, fino a un peso di oltre 30 milioni di tonnellate. Sul totale dei rifiuti prodotti, spicca il ruolo degli imballaggi – di carta, di vetro ma soprattutto di plastica – il cui volume è aumentato nello stesso periodo dell’11,3% e ormai rappresentano il 44,6% del totale dei rifiuti urbani raccolti (nel 2015 erano il 40,8%), nel paese che non sa approvare una plastic tax, misura pensata per disincentivare il consumo di bottigliette di minerale.
È per questo che il racconto per numeri di Ispra pur presentando tanti elementi positivi è in chiaroscuro: è vero che nel 2019 è aumentata ancora la raccolta differenziata, raggiungendo una media del 61,3% della produzione nazionale (più 3,1 punti rispetto al 2018), e che dal 2008 la percentuale risulta raddoppiata, ma lo è anche che chi più differenzia come l’Emilia-Romagna produce ancora oltre 660 chili di rifiuti all’anno per persona, ben oltre la media nazionale di 500.
Sono emiliano-romagnole anche le tre province meno virtuose in materia di produzione di rifiuti: vince Reggio Emilia (con 774 chili per abitante per anno) seguita da Rimini (755) e Ravenna (752). A smentire gli stereotipi e le letture retorica cui siamo stati abituati negli anni, invece, si trovano proprio al Sud le province con i più bassi valori di produzione pro capite: Potenza con 322 chili, Enna con 329 e Avellino con 355.
Sempre guardando al Meridione, c’è un ulteriore dato assoluto positivo: il Sud del paese supera per la prima volta il 50% di raccolta differenziata, confermando il trend di crescita degli ultimi anni con un aumento della percentuale di 4,5 punti.
I maggiori successi sono quelli di Molise (che cresce di 12 punti) e Sicilia (più 9 punti), seguite da Sardegna (più 6,3), Puglia (più 5,2) e dall’Abruzzo (più 3,1).
Tuttavia, il bicchiere può essere considerato mezzo vuoto se guardiamo all’obiettivo del 65% di raccolta differenziata, che era stato individuato dall’Europa: nel 2019 superano la soglia prefissata soltanto otto regioni: Veneto (74,7%), Sardegna (73,3%), Trentino Alto Adige (73,1%), Lombardia (72%), Emilia Romagna (70,6%), Marche (70,3%), Friuli Venezia Giulia (67,2%) e Umbria (66,1%). Per di più, si tratta di un traguardo che avrebbe dovuto essere raggiunto entro il 2012. Ancora più indietro la Valle d’Aosta (64,5%), il Piemonte (63,2%), l’Abruzzo (62,7%), la Toscana (60,2%) e poi lontanissime dal target Basilicata (49,4%), Calabria (47,9%). La Sicilia, registra il dossier, «rimane al di sotto del 40%, pur facendo registrare un aumento di 9 punti rispetto al 2018 (dal 29,5 al 38,5%)».
Come negli anni precedenti, i livelli più elevati di raccolta differenziata si sono verificati nella provincia di Treviso, che nel 2019 si attesta all’87,7%. I livelli più bassi di raccolta differenziata si osservano a Palermo (29%, nel 2018 19,9%).
L’organico si conferma la frazione più raccolta in Italia. Rappresenta il 39,5% del totale anche l’aumento registrato nel 2019 (più 3,1%) è più contenuto rispetto a quello del precedente biennio (più 6,9% tra il 2017 e 2018). A seguire, carta e cartone, che rappresentano il 19,1% del totale, quindi il vetro con il 12,3% e la plastica che rappresenta l’8,3% della raccolta ma fa registrare una crescita del 12,2%, con un quantitativo complessivo pari a oltre 1,5 milioni di tonnellate. Il 94% dei rifiuti plastici raccolti in modo differenziato è costituito da imballaggi.
Da lì, forse, dovremmo iniziare a tagliare, dato che il rapporto Ispra chiarisce in modo palese quanti siano i rifiuti che dovremmo «cancellare», ridurre quindi non differenziare: sono quasi il 40% di quelli prodotti.
Infatti, il 21% dei rifiuti urbani è smaltito in discarica, pari a quasi 6,3 milioni di tonnellate, mentre 18% dei rifiuti urbani prodotti (oltre 5,5 milioni di tonnellate) è bruciato negli inceneritori. Anche questo dato è in aumento dell’1,4% rispetto al 2018. Su 37 impianti operativi, il 70,3% si trova al Nord, in particolare in Lombardia e in Emilia-Romagna.