Potremmo forse domandarci che utilità abbia interpellare continuamente scrittori e scrittrici affinché prendano parola pubblica sulle cose più disparate del mondo, come se non possano che avere una opinione dirimente su tutto. A volte si trovano dei collegamenti efficaci, altre volte meno. Sta di fatto che ciò che è stato pubblicato mercoledì sulla prima pagina del Corriere della Sera (edizione romana) a firma di Federico Moccia è il cortocircuito dello sciocchezzario che spesso ci viene propinato con la scusa che a scriverlo è appunto qualcuno che lo fa di mestiere, lo scrittore. Moccia ha pubblicato libri diffusi soprattutto tra gli adolescenti, centrati sulla retorica del sogno romanticheggiante in cui il cuore non può che fare rima con l’amore, e via discorrendo. Fin qui tutto bene, o quasi. Grave è tuttavia quando la rappresentazione edulcorata e fasulla di cui si serve un Moccia qualsiasi, è utilizzata per commentare la recrudescenza dei femminicidi in Italia e il fenomeno della violenza maschile contro le donne. E dal ponte con i lucchetti dell’amore ci ritroviamo immantinente sul set di un film del terrore. In questa tetra proiezione, e in barba al lavoro serio che fanno i centri antiviolenza sui territori (per dirne una), Moccia fa una confusione imperdonabile. Mette sullo stesso piano la complessità di una relazione andata male e l’esito della stessa quando uno dei due partner soccombe. Scrive che «se un uomo di una certa età decide di uccidere la moglie o la compagna di una vita, perché magari è deluso dal fatto che certe dinamiche di coppia siano cambiate (…) il suo gesto tradisce il valore del tempo e l’obbligo etico che abbiamo tutti di viverlo al meglio e con sincerità, ma la loro colpevolezza è pari». Moccia non ha capito, o finge di non capire, che di pari riguardo la violenza maschile contro le donne non c’è un bel niente, soprattutto quando una donna viene uccisa. Da una parte una relazione andata male, dall’altra una soppressione. Su entrambe si fanno ragionamenti astratti e superflui, per questo molto pericolosi. L’autore ieri ha rettificato dicendo che la frase è stata male interpretata, e che «molto spesso un uomo che uccide la donna reputa solo lei colpevole della fine della loro relazione. Invece, questa colpa è condivisa: anche l’uomo deve rendersi conto che il gesto che sta per commettere deriva da un suo comportamento sbagliato». Insomma, vuole essere scusato Moccia, senza chiedere scusa a nessuno per non aver avuto altre parole che le miserie che si trovano nei link virali di whatsapp o quelle tradotte male dei biscotti della fortuna. Immaginari scadenti di cui però una testata nazionale dovrebbe rendere conto a lettori e lettrici.