Non avremmo mai dovuto comprare Piccole donne si rammarica Lila con l’amica Lenù. Eppure quella delle sorelle March può essere anche la loro storia di «piccole donne» unite da una sorellanza che è amicizia, sentimento comune, desideri aggrovigliati, sogni che là nel Rione crescono e esplodono sotto la pelle dei loro corpi minuti. Corpi di ragazza, corpi di donna costretti a lotte impari con la vita nell’Italia stracciata del dopoguerra, nella «loro» Napoli da dove non si vede manco il mare, tra famiglie disgraziate e senza soldi che essere femmina hai solo un destino di moglie e di madre, e manco il diritto a fantasticare qualcosa di diverso. Elena che studia, è brava con le parole potrebbe essere Jo (è anche la narratrice della storia), e Lila, chi è Lila?

DI CERTO c’è che nessuna di loro ci sta a subire un futuro già scritto e si ribellano come possono. Intanto il mondo cambia, e con esso muta anche il Rione, stessa miseria pure se c’è qualcuno che si arricchisce, le economie non sono sempre pulite e le persiane stanno per essere soffocate dalle tapparelle. L’Italia entra trionfale negli anni sessanta, gli anni dorati del boom che diventeranno anche quelli delle lotte e del ’68, Lila ha sposato Stefano Carracci, è «una signora», elegantissima coi suoi tubini che quasi danzano sul fisico sottile (sono i raffinati costumi di Antonella Cannarozzi), una bella casa con vasca da bagno e l’infelicità di un matrimonio col disprezzo: lui lei fa schifo, il sesso è violenza, sul suo viso si abbattono schiaffi e dal viaggio di nozze torna con un occhio nero. I figli non arrivano, questo pure è motivo di rancore tra loro, ma per lei tutto l’orrore sta in quel possesso senza desiderio, quel non poter mai fare l’amore perché ciò che accade è disgusto. Elena invece va al liceo classico, l’anno scivola al ribasso nel turbamento per il matrimonio dell’amica. C’è il suo ragazzo, Antonio, il meccanico, che è geloso perché lei parla italiano e studia, e c’è pure Nino Sarratore (Francesco Serpico) il compagno di scuola che fa politica e con cui può discutere ore. L’amica geniale torna per la seconda serie dal 10 febbraio in tv per quattro serate (Rai1 e RaiPlay, 21.25) – precedute dall’uscita evento in sala dei primi due episodi, presentati ieri, 27, 28, 29 gennaio (con Nexo Digital) – sempre con la regia di Saverio Costanzo, tranne due puntate, la 4 e la 5 affidate a Alice Rohrwacher (e montate da Carlotta Cristiani invece che da Francesca Calvelli, così come la fotografia è di Helen Louvart invece che di Fabio Cianchetti). Uno «stacco» – come hanno spiegato gli autori – che restituisce visivamente quello del romanzo, la vacanza a Ischia in cui le amiche separano le loro esistenze e il loro quotidiano, che sono anche l’inizio del loro futuro.

IL LIBRO su cui lavora la serie è dunque Storia di un nuovo cognome, come ha spiegato Costanzo – autore della sceneggiatura insieme a Laura Paolucci e Francesco Piccolo – le pagine di Elena Ferrante, la scrittrice dall’identità nascosta «donna o uomo che sia» sono sempre il riferimento principale. Non è semplice, si può banalizzare: in che modo trasformare la popolarità mondiale dei romanzi che poteva addirittura essere un ostacolo, in quella televisiva senza perdere forza, impatto, immaginario? Stavolta, già nei primi due episodi nonostante il regista li definisca «in continuità con la prima stagione», Costanzo sembra muoversi più liberamente, mette da parte l’iconografia cinematografica «obbligata» del periodo – nella prima serie era il neorealismo – evocando l’aria dei tempi nei desideri e nella ricerca di sé delle due protagoniste. Forse perché sono cresciute, e con loro le magnifiche attrici che le interpretano – Margherita Mazzucco (Elena), Gaia Girace (Lila) – o perché l’orizzonte si apre seguendo la linea della loro irrequietezza.

È INFATTI nei loro corpi a disagio coi destini, in quelle esitazioni che sono le incertezze del momento in cui vivono, nell’intuizione di una libertà ancora non conquistata, che si fa provocazione o sofferenza, che la regia fa balenare l’Italia intorno in cui arrivano la tv, il culto dell’automobile, l’ambizione e un crimine anch’esso rinnovato, e dove si vivranno lotte e invenzioni di un altro mondo. In questo ritratto di ragazza a Napoli che unisce fuga e ostinazione scorre una forza, un femminile che si compone frammento per frammento. E la scommessa della serie sembra quella di farcelo scoprire.