Era raggiante di gioia ieri il ministro della difesa Avigdor Lieberman dopo la sentenza, ampiamente prevista, dei giudici della Corte suprema israeliana che ha dato il via libera definitivo alla distruzione del villaggio beduino di Khan al Ahmar e della Scuola di Gomme, costruita dalla ong milanese Vento di terra, e al trasferimento forzato dei suoi abitanti. Per Lieberman i massimi giudici israeliani sarebbero dei «coraggiosi» perché, incuranti delle pressioni locali e internazionali, hanno emesso una sentenza «esemplare» tenendo conto solo di ciò che prevede la legge. «Nessuno può fermarci dall’attuare la nostra sovranità. Nessuno è al di sopra della legge», ha proclamato con soddisfazione il ministro. Ma è la legge dell’occupante quella di cui parla Lieberman, la legge imposta su un territorio che il diritto internazionale considera occupato militamente. La legge del più forte non quella della giustizia, altrimenti le 35 famiglie beduine di Khan al Ahmar non verrebbero cacciate via dalle terre dove vivono da decenni, provenienti da un’altra località che erano stati costretti a lasciare dopo il 1948. Se quella applicata nei territori occupati dai tre giudici della Corte suprema fosse una legge giusta allora non non sarebbero mai stati legalizzati gli avamposti coloniali costruiti in Cisgiordania senza alcun permesso ufficiale dalla destra religiosa israeliana. Ciò che ”illegale ” per i palestinesi sotto occupazione è perfettamente legale per i coloni israeliani.
Nulla hanno potuto la mobilitazione palestinese, le proteste dell’Ue e dell’Onu e le modeste pressioni dell’Italia su Israele rimaste sempre dietro le quinte e mai rese pubbliche per non turbare i rapporti eccellenti tra Roma e Tel Aviv. Per questa comunità beduina, riunita ieri per fare il punto della situazione e decidere i prossimi passi assieme ai suoi tanti sostenitori, anche israeliani, la prospettiva immediata è lo sgombero con la forza entro sette giorni e il trasferimento a 12 km di distanza in un nuovo sito nell’area di Azariya-Abu Dis, non lontano da una discarica di rifiuti. Per Khan al Ahmar passerà una nuova strada, di collegamento tra alcune colonie, che darà il via alla realizzazione dei progetti israeliani nell’area nota come E1, un corridoio che da Gerusalemme Est corre verso Gerico e passa per la colonia ebraica di Maale Adumim. Se questo corridoio verrà interamente colonizzato, renderà impossibile la nascita di un Stato palestinese con un territorio omogeneo.
La conferenza stampa di ieri pomeriggio a Khan al Ahmar si è svolta in un clima di rabbia e tristezza però non di rassegnazione. «Ci schiereremo contro questa decisione e non lasceremo la nostra terra», ha avverito Ibrahim Abu Dahuk, un abitante. Dura la condanna delle Nazioni Unite che hanno parlato di grave violazione dei diritti umani. «Queste comunità – ha detto Scott Anderson, direttore operativo dell’agenzia Unrwa – sono per lo più rifugiate, originariamente sfollate dalle loro terre nel Negev. Non dovrebbero essere costrette a vivere una seconda evacuazione contro la loro volontà». Le famiglie di Khan al Ahmar, della tribù dei Jahalin, provengono dal Negev, da cui furono cacciate negli anni Cinquanta, negli anni successivi alla Nakba del 1948, e costrette a spostarsi in Cisgiordania. Netto il giudizio di Saleh Higazi di Amnesty International: «siamo di fronte a un crimine di guerra, la Corte suprema israeliana si è resa complice di un progetto criminoso. Il trasferimento con la forza di una intera comunità è una violazione del diritto internazionale».
Ieri si è parlato tanto anche della Scuola di Gomme, l’istituto scolastico costruito a Khan al Ahmar dalla ong italiana Vento di Terra su progetto di ArCò, con i finanziamenti di enti locali, istituzioni religiose e dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione. Costruita con criteri innovativi utilizzando pneumatici, è stata per anni l’asilo e la scuola per bambini e ragazzi di cinque comunità beduine. Il suo destino è segnato, malgrado l’impegno ad ogni livello della ong italiana per sottrarla alla demolizione. «È un giorno triste per la comunità di Khan al Ahmar e per la nostra ong» ci diceva ieri Giulia Schirò, rappresentante in Palestina di Vento di Terra, «è un giorno in cui appaiono evidenti l’ingiustizia e la discriminazione nei confronti del popolo palestinese. Nonostante ciò a Vento di terra non mancano le energie e le motivazioni per proseguire il proprio lavoro e per stare accanto alla comunità di Khan al Ahmar nel percorso difficile che dovrà fare nel prossimo periodo».