Si sa, i tedeschi sono gente pragmatica. E allora tocca a Lidl, la catena di discount che rivoluzionò la grande distribuzione negli anni ’90, rompere il fronte Federdistribuzione sul rinnovo del contratto nazionale della Distribuzione moderna organizzata che riguarda 240 mila lavoratrici che al 60% hanno scioperato il sabato di pasqua. Non perché, come è evidente, Federdistribuzione stia facendo di tutto per ottenere ancora più precarietà in un settore dove ce n’è già troppa bensì per il «continuo ed eccessivo protrarsi delle negoziazioni per il rinnovo del Contratto, scaduto nel 2019».

L’effetto bomba però c’è tutto. Perché Lidl ha deciso la decisione di uscire da Federdistribuzione «con effetto immediato» a meno di tre anni dall’adesione. E chiaramente questo porta a una modifica sostanziale dei rapporti di forza nella trattativa. Ai tedeschi va poi dato atto di motivare la «decisione» «con l’obiettivo di dare risposte concrete e immediate ai propri 22mila dipendenti, che hanno visto in questi anni una progressiva erosione del proprio potere d’acquisto a causa dell’inflazione» «ed è per noi inaccettabile che le trattative si siano ulteriormente arenate per dinamiche che esulano dai loro bisogni». «Il prolungato immobilismo nella trattativa ha introdotto incertezze che intendiamo subito superare per il senso di responsabilità che abbiamo nei confronti delle nostre persone», afferma Massimiliano Silvestri, presidente di Lidl Italia. L’azienda ha quindi deciso di applicare il contratto rinnovato da Confcommercio il 22 marzo che prevede un aumento da 240 euro e una tantum da 350 euro. Cifre che Federdistribuzione reputa «esagerate» chiedendo in cambio «flessibilità» fino a voler imporre a cassiere e commesse di fare anche le pulizie.

La notizia è arrivata nel giorno in cui Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs hanno proclamato ulteriori 8 ore di sciopero che saranno declinate a livello territoriale. «Lo sciopero del 30 marzo ha avuto una straordinaria adesione: le lavoratrici ed i lavoratori hanno rivendicato un rinnovo dignitoso» mentre «Federdistribuzione è l’unica parte datoriale che ha tentato di peggiorare le condizioni dei lavoratori con un pesante intervento sulla classificazione del personale, con inevitabili ricadute sul salario, e con richieste derogatorie alla regolamentazione dei tempi determinati volte ad una precarizzazione delle condizioni – affermato le tre sigle del terziario – . I rinnovi dei Contratti Tds (Confcommercio) e Distribuzione cooperativa non hanno comportato nessun peggioramento della parte normativa. Federdistribuzione – concludono i sindacati – deve abbandonare le velleità di peggiorare le parti normative: non è quella la distintività di cui ha bisogno il moderno retail».