Trovare il proprio posto nel mondo, un senso, un riscatto, è il filo rosso che accomuna alcuni dei titoli visti nella selezione della Settimana della critica di quest’anno.
Per Nahuel, adolescente protagonista del film vincitore del Premio del pubblico Siae, Temporada de Caza dell’argentina Natalia Garagiola, si tratta di superare il lutto per la morte della madre e riscoprire la propria identità grazie a un lungo soggiorno col padre biologico che non vedeva da 10 anni e che vive con la sua nuova famiglia in Patagonia, lontano dalla capitale dove il ragazzo è cresciuto e dove ha frequentato una scuola per l’alta borghesia. A contatto con la natura selvaggia e i rituali che essa impone, Nahuel passa dalla ribellione e il dolore alla volontà di costruire un rapporto col padre in un processo che resta però esteriore – facendo leva su immagini e idee abusate: la caccia, le bevute intorno al fuoco, il mutismo del maschio virile.

E adolescenti sono anche le protagoniste danesi del film d’esordio di Annika Berg, Team Hurricane (vincitore del Premio del circolo del cinema di Verona), a metà tra la finzione, il documentario, la videoarte e le clip di YouTube.
Raccolte intorno a un centro per la gioventù, le ragazze «problematiche» di Team Hurricane – lottano con l’anoressia, la depressione, i genitori che non accettano la loro sessualità – affrontano tutte insieme le crisi di un’identità in formazione, di una creatività strabordante in un mondo di rigide regole, il disagio rispetto al proprio stesso corpo e all’immagine di sé – che si moltiplica nei selfie e nei video da postare sui social media, fino a saturare le immagini stesse del film che si articola proprio intorno a infinite prospettive, e soggettive, delle variopinte protagoniste.

Selim, protagonista di The Gulf di Emre Yeksan è invece un uomo adulto, che dopo aver divorziato lascia Istanbul e torna nella città natale: Izmir. Ad accoglierlo è un rapporto controverso col passato: la madre è affettuosa ma anche tagliente, il seminterrato di casa va sgombrato dai ricordi della sua infanzia, si imbatte sempre più spesso in un vecchio commilitone di cui però non ha memoria, Cihan. Ma soprattutto, in seguito a un’incendio, la città viene avvolta da un’inspiegabile puzza che poco alla volta fa fuggire i suoi abitanti – come se stesse marcendo dall’interno, tramutandosi nella melma che sgorga dal sottosuolo.

Selim attraversa queste stranezze facendosele scivolare addosso, senza quasi volontà, deciso solo a non lasciare Izmir come fanno invece quasi tutti: lui è immune alla puzza ma forse questo è anche il suo destino già scritto sul foglio che prende, all’inizio del film, da una riproduzione da parco giochi della Bocca della Verità.
Dopotutto anche la sua è una ricerca, magari di un nuovo inizio da costruire coi pochi rimasti. The Gulf è senz’altro rivolto alla Turchia di oggi ma – in bilico fra senso di apocalisse imminente e speranza – parla anche direttamente a tutti noi.