La mediazione – come al solito – la porta avanti Draghi. Dopo il primo intervento a cancellare il prolungamento fino a fine agosto voluto da Orlando ascoltando le pressioni di Confindustria e destra, questa volta il copione si inverte: Draghi cede al pressing dei sindacati e convoca Landini a palazzo Chgi a metà pomeriggio.

L’idea del premier – discussa lunedì con Salvini – è di prevedere un prolungamento del blocco dei licenziamenti per i settori più colpiti dalla crisi a partire da tessile, calzaturiero e moda.

L’incontro informale fra Draghi e il segretario della Cgil dura un’ora. Due note – una di palazzo Chigi, una della Cgil – smentiscono che l’argomento licenziamenti sia stato discusso. In realtà fonti della maggioranza spiegano che lunedì Draghi avesse già sentito Sbarra e Bombardieri proprio per parlare di licenziamenti.

UNA PROPOSTA PRECISA Draghi non l’avrebbe avanzata così come Cgil, Cisl e Uil rimangono sulle loro posizioni: «Il blocco va esteso per tutte le aziende a fine ottobre».

Il presidente del consiglio ha già fatto sapere di voler lasciare alle forze politiche l’onere di trovare una nuova mediazione: sarà il Parlamento – è il ragionamento – il luogo dove se ne tornerà a discutere concretamente. Ma è chiaro che ancora una volta sarà lui a preparare il terreno e intervenire in caso – molto probabile – di mancato accordo tra le forze di maggioranza.

QUALSIASI MODIFICA in parlamento infatti si scontra con i tempi dell’esame del decreto legge Sostegni bis: gli emendamenti rischiano di entrare in vigore troppo tardi, a fine luglio. C’è chi ragiona di una possibile «clausola retroattiva» o in alternativa esiste la possibilità, al momento remota, che trovata un’intesa fra le forze che sostengono il governo si potrebbe decidere di accelerare l’iter del provvedimento e approvarlo definitivamente entro il 30 giugno. Ulteriore strada, che al momento appare però poco percorribile, ovviamente quella di un decreto ad hoc. Impossibile invece – è il ragionamento – che una norma di questo genere possa essere ospitata nella riforma degli ammortizzatori: il pacchetto infatti ha tempi di realizzazione troppo lunghi.

La posizione della Lega è sintetizzata dal ministro Giancarlo Giorgetti: «Io penso si debba uscire dal blocco dei licenziamenti e si debba uscire con un sistema di ammortizzatori sociali su cui sta lavorando il ministro Orlando e gestendo la fase di transizione settore per settore».
Lo stesso ministro Orlando del Pd prova a smontare lo storytelling imperante sul fatto che lo sblocco dei licenziamenti non provocherà quelle centinaia di migliaia di posti di lavoro previsti anche da Bankitalia. «Trovo che nelle parole del presidente di Confindustria Bonomi ci siano note di eccessivo ottimismo. Ci sono ancora settori che soffrono e che soffriranno. Da italiano non posso che augurarmi abbia ragione sulla ripresa, ma più cautela e più strumenti si hanno e meno rischi si corrono. Non è che il saldo anche positivo che si può determinare di per sè cancella gli effetti sociali di come si matura quel saldo».

NELLO SCACCHIERE POLITICO chi già lunedì aveva appoggiato la richiesta di proroga dei licenziamenti era stato il M5s. Ieri la stessa delegazione che lunedì aveva incontrato Cgil, Cisl e Uil ha avuto un videoconfronto con una delegazione di Confindustria. La posizione è stata solo sfumata: «Abbiamo ribadito la necessità di una breve proroga del blocco dei licenziamenti e ci siamo confrontati con le due associazioni datoriali sul bisogno di aiutare le imprese a fare ricerca e innovazione, nonché migliorare e potenziare una serie di strumenti, come il contratto d’espansione e il Fondo nuove competenze, per accompagnare le transizioni occupazionali», spiega a fine giornata una nota dal M5s.

CONFINDUSTRIA, CHE MOLTO si è spesa per evitare una ulteriore proroga ad agosto del blocco dei licenziamenti, spera e lavora perché la trattativa in corso non vada in porto. A Bonomi che parla di un’alleanza per la «sostenibilità sociale e ambientale», risponde il segretario della Cisl Luigi Sbarra: «È il momento di un grande patto tra il governo e le parti sociali sul tema del lavoro e delle riforme collegate al Pnrr».