Sono passati solo due giorni dallo sblocco dei licenziamenti, ma i casi di aziende che ne stanno già facendo ricorso è già cospicuo. E il dato più preoccupante è che Confindustria parla di tutto tranne che di utilizzo della cassa integrazione, come invece previsto nell’Avviso comune sottoscritto con governo e sindacati confederali. «Esprimo grande soddisfazione per la fermezza dimostrata dal governo Draghi sul blocco dei licenziamenti. Un intervento che ci ha consentito di arrivare alla firma di un Avviso comune che contiene una parte importante, quella relativa alle riforme degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive, dove viene condiviso da tutti che deve essere realizzata su principi condivisi», ha detto il presidente Carlo Bonomi. «Ora auspichiamo che arrivi presto il testo sulla riforma degli ammortizzatori. Con l’Avviso comune sul lavoro si torna a quello che aveva detto Confindustria a settembre. Avevamo sempre dichiarato che non c’era necessità di un blocco dei licenziamenti perché c’erano a disposizione tutti gli strumenti, soprattutto la cassa integrazione ordinaria che con l’azzeramento dei contatori dava 52 settimane di possibilità di cassa integrazione. Lo avevamo detto sin da subito. Questo dimostra che Confindustria aveva ragione», ha concluso Bonomi. Insomma, un via libera implicito ai licenziamenti – l’Avviso comune non ha alcun valore legale – che rischia di portare allo scontro sociale in autunno.
I sindacati da parte loro stanno già denunciando i casi di licenziamenti – a partire dalla chiusura della Abb a Marostica – e, grazie all’Avviso comune, possono contestare con più forza il comportamento delle imprese che non lo rispettano e rifiutano di usare le nuove 13 settimane di cig.
Ma l’Avviso comune ha portato anche a grandi critiche, non solo da parte dei Cobas. Per l’ex segretario della Cgil Sergio Cofferati c’è «un’enfasi – ingiustificata: non è un accordo, a partire dal titolo “Presa d’atto”: mai visto prima – spiega Cofferati in un’intervista al Fatto – . Il governo sollecita le parti a convergere su una “raccomandazione”. Peraltro riguarda solo una parte, i datori di lavoro, che in realtà non avranno alcun vincolo. È un contorto atto politico che non risolve il problema di fondo. Una scelta sbagliata destinata a creare molti problemi. Temo abbia prevalso la paura per la reazione delle persone in caso di rottura. Ma non si è deciso nulla e il governo si è inventato nuove forme di rapporti fra le parti sociali», conclude Cofferati.
Tra i licenziamenti già avviati, uno – denunciato dalla Fiom di Milano – grida vendetta. La Flsmidth Maag Gear di Segrate, provincia di Milano, una multinazionale che produce riduttori ha licenziato uno dei suoi 40 dipendenti. «Si tratta – scrive la Fiom provinciale – di un lavoratore per anni addetto alle macchine a controllo numerico, che a causa di una malattia ha progressivamente perso la vista e oggi ha una invalidità del 100%. Con cinismo da guinness dei primati, la dirigenza ha inviato alla Direzione territoriale del lavoro e al lavoratore (che pure fa parte di una categoria protetta) una bella comunicazione preventiva dell’intenzione di procedere al licenziamento di tipo economico nella quale testualmente si legge “in conseguenza della necessaria riorganizzazione del lavoro in atto, che non giustifica più il mantenimento del posto di lavoro”. «Siamo di fronte a una ingiustizia clamorosa – è il commento di Marco Mandrini, segretario della Fiom di Milano – oltre che ad una assenza di sensibilità che sconcerta».
Il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni ha annunciato una interrogazione urgente per chiedere al governo di intervenire.