Il governo libico e le autorità locali provano a fare la voce grossa. Alla milizia di Misurata, responsabile degli scontri a Tripoli in cui venerdì sono rimaste uccise 43 persone (e 460 ferite), è stato intimato di lasciare la capitale entro 72 ore. Ma nessuno si fa illusioni, la partita resta aperta.

E che a Tripoli la situazione sia tornata sotto controllo è vero solo nei comunicati ufficiali. Lo sanno bene gli abitanti della città che ieri hanno continuato lo sciopero generale in solidarietà con le famiglie delle vittime del «venerdì nero». In interi quartieri e nel centro storico c’è stata una serrata di negozi, uffici, banche, scuole e dell’università.
Regna l’anarchia. Ne sa qualcosa proprio il vicepresidente dei servizi di intelligence Mustafa Noah, prelevato domenica da uomini armati nel parcheggio dell’aeroporto di Tripoli, caricato a forza su un’automobile e portato via. Noah poi è stato liberato dai suoi sequestratori. Un sequestro-lampo, che ricorda quello recente del premier Ali Zeidan, avvenuto con un’azione veloce e indisturbata, a conferma del caos in cui è sprofondata la Libia, preda di milizie armate rivali di ex ribelli ma anche di jihadisti islamici armati, che rifiutano di deporre le armi due anni dopo la guerra civile terminata con l’esecuzione a sangue freddo dell’ex leader, il colonnello Muammar Gheddafi. E la violenza non riguarda solo Tripoli ma anche la seconda città del Paese, Bengasi, che potrebbe diventare la «capitale» dei tanti che invocano l’«indipendenza» della Cirenaica. Ieri mattina il governatore militare di Bengasi, il colonnello Abdullah Al Saity, è sfuggito a un tentato omicidio. Un’autobomba è esplosa al passaggio del suo convoglio. Domenica sera invece era stato assassinato Yusuf Al Atrash, il responsabile dell’ufficio dei servizi segreti della città di Ajilat.

Non sono immuni dalle violenze i giornalisti. Reporters senza frontiere e l’Unione Generale dei giornalisti arabi denunciano l’uccisione di Salah Hafiana mentre copriva gli scontri di venerdì per l’agenzia di stampa Fassato. Altri due giornalisti, Issam Az Zbir, di un’agenzia di stampa spagnola, e Abdel Manim Al Maryami sono stati feriti nel quartiere di Ghargur. Sempre venerdì un gruppo armato ha fatto irruzione nei locali della tv Tobactus, devastandoli. Lo scorso agosto Ezzedine Qusad, giovane presentatore della tv Libya Hurra, fu freddato da uomini armati all’uscita della moschea a Bengasi.