Dopo la Somalia la Libia. Ormai sembra essere tutto pronto e il via libera a quella che potrebbe essere la seconda guerra europea dopo la missione contro i pirati somali potrebbe arrivare oggi dal consiglio europeo straordinario convocato in seguito all’ultima strage di migranti. Il governo italiano spinge perché l’Europa lo affianchi nella missione che, però, ha caratteristiche tecniche, politiche e militari diverse da quella nel Corno d’Africa, e i cui esiti sono tutt’altro che scontati vista la situazione di caos presente in Libia ma anche per i tanti dubbi che ancora circondano la possibilità di colpire realmente i barconi dei trafficanti senza provocare disastrosi effetti collaterali.

Secondo una bozza circolata in serata, il documento che verrà approvato oggi a Bruxelles dovrebbe garantire un impegno dell’Ue per «sforzi sistematici per identificare, catturare e distruggere i barconi prima che essi siano usati dai trafficanti», conferendo allo steso tempo alla rappresentante per la politica estera dell’Ue Federica Mogherini l’incarico di «cominciare immediatamente la preparazione di possibili operazioni di difesa» con la copertura dell’Onu. Altri punti dell’accordo dovrebbero riguardare il rafforzamento delle due missioni Triton e Poseidon con un raddoppio delle risorse, che passerebbero dagli attuali 2,9 a 5,8 milioni di euro al mese, e maggiori mezzi in modo da «aumentare la possibilità di ricerca e soccorso nel mandato di Frontex». Previsti inoltre un aumento degli aiuti a Tunisia, Egitto, Sudan, Mali e Niger per il controllo delle frontiere e il sostegno dei paesi europei per l’espulsione degli immigrati irregolari attraverso un nuovo programma gestito da Frontex. Infine si avvierà un progetto pilota per la distribuzione in Europa dei migranti, che però si limita ad appena 5.000 posti.

Renzi può dunque dirsi soddisfatto e prepararsi a condurre la «guerra contro gli schiavisti del XXI secolo» come ha spiegato ieri in parlamento, anche se certe sue affermazioni, apparse su un articolo pubblicato del New York Times, farebbero temere il peggio: «A bordo dei barconi non ci sono solo innocue famiglie» ha scritto il premier, spiegando all’opinione pubblica americana che «almeno il 90%» dei migranti passa attraverso la Libia, un Paese in cui «opera lo Stato islamico». «Il nostro sforzo per combattere il terrorismo – ha concluso – deve evolvere per superare anche questa minaccia, che crea terreno fertile per il traffico di uomini e interagisce pericolosamente con esso».

Resta ancora da capire come l’Europa intenda colpire i barconi utilizzati dagli scafisti. Per ora l’impressione è che si proceda più che altro con dichiarazioni a effetto. Come la mozione approvata ieri dal parlamento che impegna il governo a «non escludere» la possibilità di un blocco navale al largo della Libia. Decisone strana, visto che nei giorni scorsi propri Renzi ha più volte spiegato l’inutilità di un blocco navale per l’impossibilità di respingere indietro i barconi carichi di migranti, pratica per la quale l’Italia è già stata condannata dalla corte di Strasburgo. L’ipotesi era stata scartata solo ieri mattina anche dal ministro della Difesa Roberta Pinotti: «Dal momento che non possiamo fare i respingimenti, se il blocco navale ferma il barcone che può rischiare di rovesciarsi, cosa fanno le navi? Di certo non possono abbandonare i profughi. E dove li riportano?», ha chiesto il ministro lasciando intendere che comunque verrebbero sbarcati in Italia. «Diverso è il problema dei campi – ha proseguito Pinotti -. Ci vuole da parte dell’Onu una soluzione per fare in modo che le persone che stanno fuggendo trovino lì accoglienza».

Ecco, il dubbio di fondo della guerra in cui l’Europa sta per gettarsi è proprio questo: si vogliono colpire gli scafisti o solo fermare i migranti, impedendo loro di arrivare su questa sponda del Mediterraneo? La maggior parte delle misure che sui stanno per approvare puntano infatti solo a rendere ancora più difficile la vita di quanti fuggono dalle guerre, facilitandone per di più il ritorno proprio nel paese dal quale fuggono. Senza contare i rischi che un intervento nei porti libici comporterebbe. La missione contro i pirati somali è stata possibile solo grazie a un accordo con il governo somalo, condizione che a tutt’oggi però manca nel caso libico. Difficile quindi pensare di poter distruggere le imbarcazioni che si trovano all’ancora senza scatenare pericolose reazioni.

Contro il piano europeo si è schierata ieri la fondazione Migrantes della Cei: «È assolutamente debole e per certi versi vergognoso» l’ha definito il direttore, monsignor Giancarlo Perego. «Ancora una volta si pensa di contrastare i trafficanti e non tutelare le persone attraverso i canali umanitari, un piano sociale europeo nei paesi di arrivo dei profughi e migranti, la cooperazione locale».