In una delle lettere più forti del suo epistolario pubblicato sul «New England Spectator» nel 1837 (riedito integralmente sulla rivista abolizionista «The Liberator») Sarah Moore Grimké scriveva: «che le donne siano state chiamate all’ufficio profetico, credo sia universalmente ammesso e se i ministri cristiani, come li intendo io, sono i successori dei profeti e non dei preti, allora certamente le donne sono chiamate all’ufficio esattamente come gli uomini, perché Dio da nessuna parte ha sottratto loro il compito di predicare». Di questa donna, quacchera, cresciuta nelle piantagioni del South Carolina e militante contro la schiavitù e per i diritti delle donne, ne sapevamo poco e niente, soprattutto in Italia. È quindi davvero pregevole il lavoro che Thomas Casadei e Ingrid Heindorf hanno compiuto con questa edizione critica (per la prima volta in italiano) avviata sotto la supervisione di Pier Cesare Bori, Poco meno degli angeli. Lettere sull’uguaglianza dei sessi (Castelvecchi, pp. 123, euro 14,50).

Colpiscono i passaggi di alcune di queste lettere indirizzate alla borghesia bianca e schiavista, fiera della propria moralità cristiana, ma sempre più secolarizzata e medicalizzata. L’autrice, che le Scritture le conosce bene, smonta le costruzioni culturali e «sacrali» con le quali la società benpensante giustifica la subordinazione degli inferiori ovverosia delle donne e degli schiavi. All’Associazione Generale dei ministri congregazionalisti del Massachussetts, per esempio, spiega che l’umanità è stata creata a immagine di Dio e che questi «maschio e femmina li creò» (Genesi, 1, 27): «si trattava di dare all’uomo una compagna, in tutti i sensi uguale a lui; qualcuno che fosse come lui un soggetto libero, dotato di intelletto; qualcuno che fosse capace non solo di partecipare alle sue gratificazioni animali, ma anche di condividere tutti i suoi sentimenti». E ancora: «se Adamo avesse teneramente rimproverato la moglie, invece di condividerne la colpa, sarei molto più disposta ad accordare all’uomo la superiorità che pretende, ma come i fatti sono presentati dallo storico sacro, sembra che Adamo abbia dimostrato perlomeno altrettanta debolezza quanto Eva».

Il concetto di Imago Dei, di cui Bori negli studi dei suoi ultimi anni ha magistralmente illustrato la potenza universalistica e inter-religiosa, diventa dunque nel pensiero di Grimké il perno di un attacco a tutto tondo a coloro che negano alle donne l’eguaglianza giuridica e politica. Il fine ultimo è fissato nell’acquisizione del diritto di voto, una battaglia alla quale Grimké, vice-presidente dell’Associazione per il suffragio femminile, si dedicherà fino alla morte nel 1873 viaggiando lungo l’intero paese e confrontandosi nelle piazze e nei teatri di più di ottantotto villaggi. L’impatto di questi comizi sarà notevole provocando aspri dibattiti e liberando la via a un lungo elenco di oratrici.

Tornando alle categorie mobilitate nelle lettere, come osserva Gerda Lerner (The Creation of a Femminist Consciousness), l’aspetto più avanzato, e per certi aspetti sorprendente nel contesto storico-sociale in cui sono state scritte, consiste nell’idea che il genere costituisca una variabile culturale rispetto al sesso. La questione non viene ovviamente posta in questi termini, ma la lettera sulla Relazione sociale tra i sessi è indicativa. Scrive l’autrice: «Niente, credo, ha contribuito di più a distruggere la vera dignità della donna, del fatto che essa è stata avvicinata dall’uomo in quanto femmina mettendone sullo sfondo l’essere morale e intellettuale. La donna ha inflitto un’offesa a se stessa accettando d’essere considerata in questo modo e ora è chiamata a sollevarsi dalla posizione dove l’uomo, non Dio, l’ha posta». Dura è anche l’accusa rivolta contro lo strumento del matrimonio, con cui la donna «è stata privata di alcuni dei suoi diritti essenziali» attraverso leggi in cui «non ha avuto alcuna voce». Entro questo dispositivo di sottomissione – spiega Casadei – si colloca l’analogia donna/schiavo «con riferimento all’incapacità giuridica, vero e proprio cornerstone dell’edificio concettuale dell’autrice». Nel pervertimento del cristianesimo operato dagli uomini Grimké identifica le fondamenta di una struttura oppressiva che solo la riscoperta del Cristo reale potrà sovvertire, quel Cristo in cui «non c’è né schiavo né libero, né maschio fné emmina».