Tessiture. Il pensiero fertile di Liana Borghi edito da Fandango (pp. 176, euro 18) è il primo dei testi dedicati al pensiero di Liana Borghi, accademica, attivista, teorica femminista lesbica e queer. Raccoglie le testimonianze di alcune delle persone, e sono state tante, che hanno potuto beneficiare dei saperi della studiosa deceduta a novembre del 2021. Nel libro emerge infatti, in diversi contributi, l’evidenza che Borghi condividesse più che divulgare conoscenza e Federico Zappino, facendo riferimento all’anarchico Primo Moroni, le attribuisce la stessa attitudine di: «condividere sapere senza creare poteri». La mappa affettiva che emerge da questo testo è complessa e non avrebbe potuto essere diversamente.

IN VARI PASSAGGI ritorna la descrizione dell’esperienza di spaesamento meravigliato che spesso generava l’ascolto del pensiero e delle riflessioni di Liana Borghi, di cui Francesca Manieri ricorda infatti l’astrattezza, il volare alto di una mente che riusciva a tenere insieme la critica letteraria, il queer, la scienza, la pratica politica lesbico-separatista.
Ritorna anche la sua stessa ammissione di «sentire pensando», connubio che ben rappresenta la sua capacità di tenere insieme la riflessione più acuta con l’aspetto relazionale e affettivo della vita. Questa espressione rimanda anche, però, alla necessità sempre presente in Liana, come emerge dai contributi di Clotilde Barbarulli e di Federica Frabetti, di esplicitare il suo posizionamento di ricerca e politico. In molti e molte sanno che Borghi ha condiviso per prima in Italia le teorie queer con le sue traduzioni fondamentali, ma è anche stata una delle prime attiviste lesbofemministe a esprimere l’esigenza politica e pratica dell’intersezionalità. La caratterizzava, infatti, un connubio decisamente raro di capacità speculativa e di lucidità politica come dimostra il laboratorio Raccontar/si, ideato insieme a Clotilde Barbarulli con la Società Italiana delle Letterate e Il Giardino dei Ciliegi di Firenze, che era: «un’utopia effimera» ma anche uno spazio concreto di incontri che ha dato vita a relazioni solide che perdurano negli anni. Il collettivo «Le acrobate», il cui contributo apre il testo, si è creato proprio grazie a Raccontar/si.

Attraversare questo testo significa anche seguire i percorsi dei femminismi italiani di cui la pratica e gli studi di Liana Borghi rappresentano tuttora l’avanguardia. A tal proposito Maria Nadotti sottolinea che: «mentre i femminismi italiani continuano, se pur variamente, a parlare di identità di genere, della loro moltiplicazione come fenomeno emancipatorio, Liana proponeva la via accidentata della disidentificazione, dello sganciamento progressivo dal bisogno di definirsi». Elena Bougleux e Federico Zappino chiariscono come la prospettiva queer di Borghi fosse infatti decostruzionista e quindi di default profondamente rivoluzionaria, come dimostra del resto il suo modo di stare nell’accademia, a cui in questo testo fanno riferimento, per esempio, Rachele Borghi e Nicoletta Vallorani.
In Tessiture si trovano vari passaggi di testi di Borghi che già in questo spazio limitato dimostrano chiaramente come lo studio del suo pensiero sia fondamentale per portare avanti il necessario tentativo per chi studia e pratica i femminismi di provare, per riprendere una sua espressione mutuata da Judith Butler, a: «rendere buona una vita cattiva».