A firmarla i governi di Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna e Svezia, ma non l’Italia.
«Non abbiamo aderito alla petizione preferendo attendere la posizione ungherese in Consiglio», ha spiegato il sottosegretario agli Affari europei Enzo Amendola. La prudenza italiana ha sollevato le proteste, anche del Pd, e alla fine è arrivata la retromarcia: l’Italia si è aggiunta all’appello.
La lettera circolata durante il Consiglio affari generali che si è tenuto ieri a Lussemburgo attacca duramente la scelta di Budapest che «rappresenta una forma flagrante di discriminazione basata sull’orientamento sessuale, sull’identità e sull’espressione di genere e quindi merita di essere condannata».