La maratona di Boston continua a uccidere. Ma questa volta – nella scia delle indagini che ancora vengono condotte sulla strage perpetrata durante la marcia del 15 aprile scorso in cui furono uccise tre persone e altre 264 rimasero ferite – a uccidere è un poliziotto. Un poliziotto con il distintivo dell’Fbi, la polizia federale, che ha ammazzato a revolverate un sospetto durante un interrogatorio notturno. Un giovane ceceno che, a quanto si sa e temendo forse conseguenze, aveva fatto il biglietto per tornarsene a casa dagli Stati uniti.

Le prime ricostruzioni raccontano di una villetta a Orlando, in Florida. È lì, a casa di un giovane ceceno, che portano le indagini a tutto campo, su cui il presidente si è personalmente impegnato, e che servono a capire cosa girava o gira attorno alla confusa storia degli attentatori di Boston, i fratelli Tsarnaev, uno dei quali – Tamerlan – è stato ucciso dai suoi inseguitori.

Non si ricava molto di più: l’Fbi interroga nella notte tra martedi e mercoledi un conoscente del ceceno ucciso in uno scontro a fuoco dopo la strage e, durante l’interrogatorio, gli spara. Tanto da ucciderlo. La versione ufficiale, che è però è arrivata nella tarda mattinata di ieri, avalla una meccanica di legittima difesa: spiega infatti che l’uomo avrebbe tentato di assalire uno dei suoi inquisitori. Questi, evidentemente non controllando la reazione o per eccesso di zelo, prende la pistola e lo fredda.
Tutta la vicenda ha contorni complicati anche perché l’interrogatorio avviene di notte a casa del sospetto, Ibrahim Todashev, 27 anni, lui pure ceceno, forse legato ai movimenti radicali islamisti del suo Paese.

Supposizioni. A quanto pare qualcosa lo lega ai responsabili dell’assurdo attentato di Boston, conclusosi poi con la morte o l’arresto degli esecutori (Dzhokhar Tsarnaev, 19 anni, è ancora ricoverato in ospedale e rischia, se condannato, la pena capitale).
L’Fbi però tiene la bocca chiusa e il commento del portavoce Dave Couvertier è lapidario: l’agente avrebbe avuto a che fare col sospetto «durante lo svolgimento delle sue mansioni ufficiali. Questi è poi deceduto. Non abbiamo ulteriori dettagli».
Qualche altro dettaglio (tra cui il nome dell’ucciso) lo aggiungono i giornali americani, tra cui la catena Fox News. È un amico della vittima, un altro caucasico di nome Khusen Taramov, a dire che l’uomo ucciso era Todashev. Spiega Kushen che entrambi erano stati interrogati insieme quella sera nella villetta ma dopo l’interrogatorio l’Fbi gli fa sapere che col suo amico non è ancora finita e che c’è bisogno di altre domande.

Per quanto se ne sa Ibrahim aveva conosciuto Tsarnaev in una palestra dove si allenavano insieme in qualche branca di arti marziali. Si conoscevano abbastanza bene, dice l’amico alla stampa americana, tanto da chiamarsi anche al telefono ma non, a quanto lui ne sa, dopo la strage.
«Si sono parlati l’ultima volta il mese scorso – puntualizza – ma dopo l’attentato, non credo. L’Fbi continuava a chiedergli dei collegamenti con l’attentato, ma lui rispondeva che non vi era alcuna connessione. Io, lui e i miei amici sapevamo – aggiunge – che una cosa del genere sarebbe accaduta ecco perché (Todashev) voleva lasciare il Paese e aveva comprato i biglietti aerei per tornare in Cecenia. Ma l’Fbi faceva pressioni e così ha deciso di restare: solo loro sanno cosa è davvero successo». Il filo che lo collegava alla strage era dunque flebile e legato a un’amicizia di palestra, alle origini nazionali e forse a qualche supposizione. Elementi fragili ma che gli sono costati cari.