La riforma Cartabia precipita su un M5S in cerca di equilibri. Giuseppe Conte annuncia ai parlamentari a lui più vicini che questo fine settimana sarà decisivo e che sono attese svolte. Il messaggio era stato accolto con ottimismo ma da ieri il processo rischia di deflagrare perché c’è in ballo anche il rapporto con il governo Draghi. Gli schieramenti seguono traiettorie non sempre lineari.
Lo showdown potrebbe arrivare domenica pomeriggio, per quando è stata convocata un’assemblea congiunta dei parlamentari «alla presenza della delegazione dei ministri del Movimento 5 Stelle». L’accusato numero uno è Luigi Di Maio, che nel mese scorso aveva annunciato al Foglio la fine dell’era giustizialista e che viene considerato il più «governista» tra i ministri. «La missione del M5S doveva essere quella di difendere le leggi portate a casa fin qui – dicono i parlamentari critici – Invece stiamo cedendo su tutta la linea».
Dall’entourage del garante smentiscono che Grillo abbia lavorato in prima persona permettere in sicurezza il governo. Ma molti parlamentari, soprattutto quelli delle commissioni giustizia, lamentano l’esito, dicono che i ministri del M5S sono entrati nel consiglio dei ministri con il mandato di astenersi sulla riforma e ne sono usciti annunciando il voto a favore.

Accanto a loro si schiera Giuseppe Conte, intento a difendere l’operato dei suoi governi (la cancellazione della prescrizione risale all’alleanza con la Lega). «Siamo tornati a quella che è una anomalia italiana – dice parlando ai giovani di Confindustria – Se un processo svanisce nel nulla per una durata così breve non può essere una vittoria per lo stato di diritto». Prima di lui parla il ministro della giustizia dei due governi Conte, Alfonso Bonafede, che non usa mezze misure: «Ieri il M5S è stato drammaticamente uguale alle altre forze politiche». La linea ufficiale viene espressa sul nuovo sito del Movimento: «I fatti dimostrano che è stato fatto un lavoro che ha consentito di salvare la riforma della prescrizione che gli altri partiti avrebbero voluto cancellare del tutto, con un colpo di penna».

Ne emerge che la contrapposizione tra grillisti e contiani si intreccia a quella tra governisti e anti-governisti. A volte in modo quasi inestricabile, basti dire che tutti gli ortodossi buttati fuori per il No a Draghi che fino a pochi giorni fa facevano il tifo per Grillo in nome di un ritorno alle origini ora si trovano spiazzati dal nuovo schema.

Il vicepresidente del parlamento europeo Fabio Massimo Castaldo dice: «Smantellata una parte importante del decreto dignità, sfasciata la riforma Bonafede sulla prescrizione, ancora rinviati i tagli all’editoria fortemente voluti dal nostro Vito Crimi, prorogata la norma salva-Mediaset senza colpo ferire. Questa, in soldoni, è la sintesi dell’azione della maggioranza e dell’esecutivo delle ultime 24 ore. Un’azione che, anche con il più alto richiamo alla responsabilità, a mio parere non è possibile accettare». . «Non vedo ragioni per continuare a sostenere Draghi», sono le parole del senatore Alberto Airola. Per Giulia Sarti «non ci sono più le condizioni per restare nel governo Draghi»: «Continuerò a fare le barricate in parlamento perché ora gli emendamenti della ministra Cartabia, compreso quello sulla prescrizione, verranno depositati in commissione giustizia alla Camera e di certo, si capirà la differenza tra chi difende valori e i principi del M5S e chi invece accetta supinamente in nome del falso senso di responsabilità, tutto quello che viene propinato». Il senatore Gianluca Perilli parla di «ferita» e di «sconfitta politica per tutti» dalla quale «inevitabilmente trarre le relative conclusioni con onestà e coraggio».

La legge, commissione permettendo (e il presidente è il grillino Perantoni), dovrebbe arrivare in aula il 23 luglio. Per quella data il M5S avrà fatto chiarezza sui suoi assetti interni e dovrà decidere che posizione assumere. Ormai i grillini si sentono sotto attacco, considerano la «restaurazione» di Draghi in corso. «Vuoi vedere che la prossima mannaia cadrà sul reddito di cittadinanza?», dice un senatore.