Nel succedersi di letture e interpretazioni che dalla fine dell’Ottocento investono la fortuna critica di Botticelli e in particolare della sua Primavera, un capitolo a sé è costituito dal primo tentativo di censimento e identificazione delle specie floreali disseminate nel dipinto con un protagonismo pressoché inedito. Per misurarne poi la distribuzione e il rilievo nell’evocare avvenimenti storici, idee, filosofie sottese.

Opportunamente contestualizzato da Lucia Tongiorgi Tomasi, viene ora proposto da Olschki il pionieristico volume pubblicato in inglese nel 1983 dalla storica dell’arte italo-americana Mirella Levi D’Ancona, La Primavera di Botticelli. Un’interpretazione botanica, che identifica quaranta tipi di piante e un riepilogo dei significati per ciascuna, ripercorsi a corredo delle diverse fonti e interpretazioni dell’iconografia del dipinto (pp. 93, € 20.00).

Tra i protagonisti, articolato in gruppi di figure sulla base delle Stanze per la Giostra di Angelo Poliziano e specialmente dei Fasti di Ovidio, da destra, Zefiro che nella leggenda aggredisce la ninfa Cloris divenuta poi sua moglie come Flora, divinità che presiede il mondo vegetale; al centro della scena, Venere, dea dell’amore e del rigenerarsi della vita, e suo figlio Cupido, e ancora, a sinistra, il gruppo delle Tre Grazie impegnato in un’avvincente danza nuziale, seguito, a chiudere, dall’ultimo personaggio, Mercurio.

Questo, nell’interpretazione ripresa da Levi D’Ancona, che ipotizza il dipinto concepito inizialmente per celebrare l’amore tra Giuliano de’ Medici e Fioretta Gorini e modificato successivamente, con la raffigurazione di Mercurio e le Tre Grazie al posto di un’allegoria del Giudizio di Paride, quando, dopo la morte di Giuliano, venne completato come dono per il matrimonio del 1482 tra Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici e Semiramide Appiani. Tantoché l’autrice identifica Talia, la Grazia centrale cui Cupido, bendato, indirizza la sua freccia, come Semiramide: rivolta a Mercurio (Lorenzo), a sua volta con lo sguardo al cielo, a significare il trascorrere tra amore terrestre e contemplazione di Dio.

Una lettera di Marsilio Ficino illustra anche dal punto di vista astrologico il significato delle Tre Grazie, che dovevano rinviare al mese di maggio, data in cui era previsto il matrimonio. E molte delle piante raffigurate nella Primavera rivestono un significato particolare legato proprio al matrimonio, o ne richiamano, appunto, la data.

Come nella lezione di Ovidio, dalla bocca di Cloris, che sposandosi si rinnoverà in Flora, escono rose di primavera; mentre poi Flora indossa una veste bianca ornata da garofani (fiore del matrimonio) e fiordalisi (attributo della sposa felice), rose (amore trionfante) e fragole (seduzione e piacere sensuale). E porta al collo una corona nuziale di pervinche (il vincolo del matrimonio) e myosotis (il ricordo).

Nell’analisi dei fiori come chiave di lettura della Primavera vale tanto il dettaglio – come la pianta di antirrino, detta anche lanterna della fanciulla, utilizzata per l’iniziazione delle giovani donne ai misteri dell’amore, raffigurata sotto la centrale delle Tre Grazie – quanto, a dare il senso dell’ambientazione generale e richiamare il Giardino delle Esperidi, la presenza dell’arancio, emblema mediceo e al tempo stesso pianta della sposa. Nonché il luogo-tema del prato fiorito, sul quale Levi D’Ancora si esercita nel dettaglio.

Se, come si ritiene, l’interesse di Botticelli per il simbolismo botanico sembra potersi ricondurre anche alla traduzione in italiano della Storia naturale di Plinio il Vecchio da parte di Cristoforo Landino pubblicata nel 1476, è dalla combinazione di una serie di piante, in questo caso raffigurate sotto la Grazia di sinistra – euforbia, giglio e antirrino –, che Levi D’Ancora legge un messaggio diretto a chi guarda: «Guarda attentamente, affina la mente, vedi la luce».