L’Europa è lo spazio minimo a cui guardare per organizzare forme di lotta nelle metropoli e nelle città che quotidianamente viviamo, così come per ripensare i rapporti di forza nei territori della produzione economica e sociale che attraversiamo. Quando parliamo di Europa intendiamo una regione assai complessa, con ben tre periferie: i Paesi del Mediterraneo, dell’Est e dei Balcani che presto, con il loro ingresso, solleciteranno nuove turbolenze nell’unione economica europea e originali nuovi orizzonti nelle politiche di Bruxelles.
È proprio in una di queste periferie, ovvero Roma, che si tiene Agora99 con il titolo «Learning Europe»: da oggi al 3 Novembre tra Esc, Cinema Palazzo a San Lorenzo e Officine Zero a Portonaccio per discutere delle asimmetrie di potere che si stanno dispiegando a livello transnazionale. L’Europa è oggi il teatro di quella tensione irrisolvibile tra capitalismo e democrazia. La crisi dello spazio europeo è, in realtà, niente altro che la violenza della governance, la «crisi del management della crisi». Il neoliberalismo ha investito il sistema complessivo della cittadinanza, delle forme giuridiche e di accesso alle istituzioni del welfare; lo stesso vale per le istituzioni politiche e sociali del mondo del lavoro e della rappresentanza dello Stato nazione, quest’ultimo divenuto Stato debitore sui mercati finanziari. Come è possibile affermare, in questo contesto, il controllo democratico della moneta? Come sostenere un surplus di democrazia, agito in primo luogo dai movimenti, capace di superare i confini stessi degli Stati nazione e dell’Unione europea? Quanto sta avvenendo in Europa non può essere compreso se non tenendo in conto gli assetti complessivi a livello globale, investiti da un’instabilità di fondo. La crisi del debito sovrano in Europa non solo mette in discussione antiche gerarchie globali, ma è contemporanea all’emergere di nuovi poli trainanti come i Bric (seppure questi ultimi stanno vivendo un rallentamento della loro crescita), nuovi regionalismi e forme di multipolarismo, spesso conflittuali e contraddittorie. In questo contesto, la crisi dell’Europa mette in gioco il comando sulla forza lavoro non solo europea ma di fatto globale: la posta in palio, nei nuovi rapporti di forza tra centro e periferia della produzione globale, passa per la svalutazione interna e i pesanti tagli al welfare. Nei processi di integrazione tramite liberalizzazione sovranazionale e di liberalizzazione attraverso l’integrazione internazionale, cosa vuol dire Europa? È su questo tema che si gioca la continua, necessaria reinvenzione della dimensione transnazionale del movimento. Tutti gli ultimi cicli di lotta (dal 1999-2001, fino al 2011-2013) sono inscritti in un contesto globale. Dal 2008 in Europa sono cresciuti movimenti che hanno messo in discussione radicalmente le scelte dei governi nazionali e della Troika. Abbiamo visto, partecipato e costruito scioperi, occupazioni, grandi manifestazioni, veri e propri tumulti in ogni angolo del continente, nelle grandi metropoli, nei centri decisionali e nelle periferie
Agora99, alla sua seconda edizione dopo quella del 2012 a Madrid, con i suoi workshop, le sue tavole rotonde e le assemblee generali, si presenta così come un’occasione importante dove poter discutere di salute, migrazioni, fabbriche recuperate, diritto alla città e produzione di saperi; tecnopolitica, reti e precarietà ripensando la spazialità europea attraverso le lotte.

Per il programma completo www.99agora.net