L’establishment europeo ha accolto con un gran sospiro di sollievo l’incarico dato dal presidente Mattarella a Mario Draghi. La preoccupazione europea, che riguarda il destino del Recovery Fund, è riassunta in poche righe dal quotidiano conservatore francese Le Figaro: «L’Italia lacerandosi attorno a questa manna provvidenziale» avrebbe potuto mettere «a rischio tutto l’edificio» del primo prestito comune della Ue. La stampa internazionale sottolinea l’importanza del segnale di stabilità pro-europea. «Delizia per la politica pro-europea» secondo il New York Times, un «bazooka per l’Italia», per il settimanale conservatore Le Point, «Draghi salverà l’Italia» per il quotidiano popolare tedesco Bild.

Molti fanno il parallelo con l’intervento di Mario Draghi per salvare l’euro nel 2012 e ricordano il «whatever it takes». Draghi «chiamato alla riscossa» titola Le Monde, «il banchiere che ha salvato l’euro pronto a soccorrere l’Italia» per il conservatore britannico Times, un «salvatore della patria» per il quotidiano economico francese Les Echos. Il progressista britannico The Guardian sottolinea il disastro italiano, la pandemia e «un paese alle prese con la peggiore recessione dalla seconda guerra mondiale».

L’Europa è preoccupata per un’economia che è crollata dell’8,9% nel 2020. Con la crisi di governo, a Bruxelles erano aumentati i timori che l’Italia non riuscisse a presentare il piano di rilancio entro i tempi stabiliti, cioè entro il 30 aprile. Su questo fronte, Draghi rassicura. La personalità dell’ex presidente della Bce trova consensi praticamente unanimi. Per il vice-presidente della Commissione, Margaritis Schinas, «Mario Draghi è rispettato e ammirato a Bruxelles e al di là». Parole di elogio persino dalla Cina: rafforza la presidenza italiana del G20. Il commissario Paolo Gentiloni ha inviato un messaggio a Mattarella per la sua scelta: «grazie presidente!». Sostegno anche dall’ex presidente della Commissione, Romano Prodi. L’ex ministro ed ex commissario Pierre Moscovici, oggi presidente della Corte dei conti, è entusiasta: «Mario Draghi è una delle personalità più straordinarie che ho incontrato, come è stato l’uomo che ci voleva per l’euro nel 2012 può essere l’uomo che ci vuole per l’Italia del 2021 se ottiene l’unità che cerca. Buona fortuna e forza Mario!».

L’establishment europeo tifa Draghi perché il percorso istituzionale del Recovery Fund non è ancora completato e la crisi italiana può rappresentare un ostacolo drammatico. La Commissione, che tra ottobre e dicembre ha già potuto analizzare le prime bozze dei piani di rilancio nazionali, aspetta entro il 30 aprile di avere le versioni definitive. I piani nazionali devono rispettare le linee-guida del Recovery europeo che mette sul tappeto 750 miliardi di euro: 37% di finanziamenti verso la transizione green, 20% per quella digitale, lotta alle diseguaglianze sociali e territoriali, maggiore coesione economica, impegno verso la preparazione delle crisi del futuro, attenzione particolare alla formazione e all’educazione. Da fine aprile, la Commissione avrà due mesi per valutare i progetti nazionali. Poi ci sarà un voto al Consiglio europeo alla maggioranza qualificata (i «frugali» hanno ottenuto una sorta di diritto di veto).

Nel frattempo, il Recovery Fund, visto che implica un aumento delle risorse proprie della Ue per far fronte al rimborso del prestito comune, dovrà passare nei vari parlamenti (nazionali e regionali, 39 in tutto nei 27 paesi). Per il momento, ci sono pochi voti definitivi, anche se è stato superato il capriccio di Ungheria e Polonia, che avevano minacciato di non ratificare se non veniva rivista la condizionalità sul rispetto dello stato di diritto. In Francia, per esempio, c’è stata la ratifica dell’Assemblée nationale il 26 gennaio e il Senato voto il 4 febbraio. La Germania dovrebbe seguire, mentre l’Olanda aspetta di ratificare dopo le legislative. I primi soldi non arriveranno prima dell’estate; il 70% sarà versato tra il 2021 e il 2022, il restante 30% nel 2023 (e il montante sarà legato agli effetti del Covid).