Anche la Ue rischia di sentirsi abbandonata da Mutti. In Europa i giudizi sulle scelte di Angela Merkel sono da sempre controversi: la destra si è opposta all’apertura ai rifugiati, la sinistra ha criticato la gestione della crisi greca, in molti si sono interrogati sulle indecisioni che stanno accompagnando la Brexit, molti di più si chiedono se la proverbiale prudenza del governo tedesco a guida Merkel abbia fatto tutto il possibile per contrastare la crescita dei nazionalismi, a est ma anche a sud dell’Europa, persino in Germania con l’irruzione nei parlamenti regionali e nazionale di Afd. Ma nessuno può ignorare che Angela Merkel significa 13 anni di vita politica europea. Adesso lascia un vuoto, anche anticipato, perché pur avendo assicurato che rimarrà cancelliera fino a fine legislatura, è oggettivamente indebolita (a meno che, volendo lasciare un segno importante nella storia decida di impegnare la sua ultima lotta nella rifondazione della Ue). Merkel ha anche precisato che non sarà candidata a nessuna carica europea. Ha però cercato di rassicurare: non credo di perdere influenza sulla scena internazionale, ha affermato ieri.

Emmanuel Macron, in particolare, si sente solo: i suoi progetti di riforma e rilancio della Ue e della zona euro rischiano di cadere nel vuoto, senza alleati forti per portarli avanti. Senza l’asse franco-tedesco, piaccia o non piaccia (l’Unione in Europa è nata dalla conciliazione del cuore dei conflitti secolari), non si muove niente. La politica di Merkel in Europa è stata più centrista della posizione tradizionale del suo partito di appartenenza, la Cdu. L’ala destra della Cdu ha molto spesso criticato e preso le distanze dalle scelte europee di Merkel, in particolare negli ultimi tempi e non solo sui rifugiati: anche la posizione sull’euro, il progetto di un approfondimento dell’area e di maggiore solidarietà stanno sollevando molte perplessità (in crescita dopo le tensioni causate dal governo italiano). Molto dipenderà dal nome del successore, per il momento alla testa della Cdu: se sarà Annegret Kramp-Karrenbauer, soprannominata «mini-Merkel», la situazione potrebbe non cambiare molto, ma Akk è sfidata da due falchi della destra del partito, Jens Spahn, ministro della Sanità, e soprattutto l’ex capogruppo Cdu Friedrich Merz, il più pericoloso. Merz, ma anche Spahn non vogliono saperne di un bilancio della zona euro, la proposta di Macron (che significa instaurare una reale solidarietà tra paesi della moneta unica). Macron viaggia da solo, su alcune questioni ha già preso le distanze, con una politica restrittiva sui rifugiati (rifiuto di accogliere l’Aquarius quest’estate) e ultimamente definendo «demagogia» la decisione di Merkel di bloccare le vendite di armi all’Arabia Saudita, in seguito al caso Khasshoggi (qui pesa la differenza dell’importanza delle vendite di armi a Riad tra Germania e Francia).

«La decisione (di Merkel) è uno choc per l’Europa – ha commentato Marcel Fratzscher, presidente dell’Istituto di ricerche economiche di Berlino – la Germania rischia di non essere più un elemento stabilizzatore. Al contrario: la Repubblica federale costituisce oggi un rischio».