Il World Economics Forum 2020 di Davos sarà probabilmente ricordato come quello dei grandi contrasti. Quello tra le ricchezze accumulate in pochissime avide mani, fra cui quelle dei convenuti nella cittadina svizzera, e la miseria in cui vivono 3,8 miliardi di persone.

Persone il cui reddito non supera l’1% della ricchezza planetaria, come ha da ultimo evidenziato il rapporto di Oxfam Time to care.
Ennesima dimostrazione di quanto falso ed ipocrita fosse lo slogan della globalizzazione montante per cui l’alta marea avrebbe fatto alzare tutte le barche. Quello tra la protervia e la nuda verità, incarnati dal tronfio Donald Trump e da una determinata e informatissima giovane donna di 17 anni, Greta Thunberg. Che ha snocciolato i dati raccapriccianti di centri studi ufficiali e del gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Giec) capaci di frantumare ogni ottimismo di facciata sul futuro del pianeta e dimostrare che tra l’incremento inaudito delle diseguaglianze sociali e la rovina ambientale vi è uno stretto rapporto causale. Quello tra la politica di America first e l’Unione europea, su cui conviene soffermarsi per cogliere le tendenze del finanzcapitalismo a livello mondiale.

The Donald, anche per risalire la corrente dei consensi in patria, dopo avere accusato chi lo contraddiceva d’essere profeta di sventure, ha riproposto gli Usa quale modello virtuoso per il resto del mondo, di più “il numero uno dell’universo” soprattutto per la produzione di agenti inquinanti come il petrolio e il gas. E’ quindi passato a minacciare la Ue con nuove “misure dolorose”, gli aumenti dei dazi, se non si raggiungerà nel giro di qualche settimana un accordo su commercio, tecnologia ed energia, ufficializzando nel frattempo un’intesa con la Francia per l’allontanamento fino all’anno prossimo, dell’entrata in vigore della Web Tax; posizione condivisa anche dall’Italia, dice Gualtieri.

In realtà Trump sarebbe una tigre di carta se l’Europa volesse utilizzare le armi negoziali potenzialmente a sua disposizione. Natixis (una banca d’affari francese) e Intesa San Paolo descrivono il sorpasso da parte dell’Eurozona sulla Cina, per quanto riguarda il possesso di titoli di stato americani. I paesi dell’area euro, conferma il dipartimento del Tesoro Usa, detengono, seppure in modo non concentrato, 1.121,5 miliardi di dollari in titoli statunitensi (nel 2011 erano 502) contro i 1.089 dollari della Cina. La Ue nel suo complesso, passando da 699 miliardi a 1.587, è il più grande finanziatore al mondo del debito pubblico Usa, superando Cina e Giappone. Il dato (novembre 2019) dà conto della nuova realtà: Trump fa il gradasso ma è l’Europa che sostiene il nuovo “miracolo” economico americano.

Non c’è da stupirsi più di tanto. Si tratta del prevedibile effetto boomerang dei “tassi a zero” e dei depositi bancari in Bce negativi. Gli investitori cercano rendimenti più favorevoli oltreatlantico. Un bund tedesco decennale ha un rendimento negativo (-0,26) mentre un Treasury Usa decennale vanta un +1,78%. Il cane si morde la coda: i tassi di interesse sono tenuti bassi nella speranza di risollevare l’economia, ma oltre una certa soglia i capitali se ne volano dove meglio credono – nella totale assenza di qualsiasi forma di controllo sui loro movimenti – e la domanda interna si deprime ulteriormente. Nel frattempo il dollaro è salito rispetto all’euro, il che facilita la pratica del carry trade, che a sua volta incrementa tale ascesa, ovvero chi può si indebita in euro, visti i tassi bassissimi, e investe negli Usa dove la profittabilità è migliore. Il tutto concorre allo squilibrio del sistema dei cambi, facendo crescere il valore del dollaro.

E’ vero, tutto questo incrementa le esportazioni europee verso gli Usa; da qui l’aumento dei dazi di Trump e le sue ulteriori minacce. Ma soprattutto sposta capitali verso gli Usa, permettendo a questi successi di crescita mentre gli indici europei restano piatti. C’è un detto napoletano molto efficace per descrivere questa situazione, che qui forse è meglio non riportare: più pudicamente diciamo che chi si lamenta è il principale profittatore della situazione.

Altro che America first. Il nuovo sogno americano è un incubo dell’Europa che, finanziandolo, si svena sempre più. Di questo dovrebbe occuparsi la discussione che sta per aprirsi sul futuro dell’Europa. Ma ci vorrebbe una sostanziale modifica in senso solidale dei Trattati. Come dimostrano le recenti modifiche al Mes non è per ora l’aria che tira.