Da qualche anno a questa parte, quando mi si chiede in che modo la nostra società consideri quella fetta di popolazione che si ritrova sotto la sigla LGBTQI (gay, bisex, lesbica, trans, queer, intersex), rispondo sempre alla stessa maniera: “Rispetto a periodi precedenti, sono stati compiuti spaventosi passi all’indietro, le cose sono molto peggiorate.”

Queste parole vengono invariabilmente accolte con grande stupore, dal momento che si è abituati a pensare che il trascorrere del tempo e il miglioramento delle condizioni di vita di tutti vadano di pari passo.

Non è così, e non solo per la questione di cui sto trattando e che mi tocca in prima persona. Non è così, perché manca un’analisi seria e approfondita degli squallidi e tristi tempi che stiamo subendo, prima ancora che vivendo.

Pochissimi giorni fa si è consumato a Roma l’ennesimo dramma di matrice omotransfobica: un ragazzo omosessuale di 21 anni si è suicidato gettandosi dall’undicesimo piano del palazzo in cui viveva.

Il richiamo alle vessazioni omofobe subite è stavolta esplicito, inequivocabile, non lascia spazio ad alcuna fantasiosa o ambigua interpretazione: nel biglietto lasciato sul tavolo prima di compiere il gesto, il giovane ha scritto chiaramente che si toglieva la vita perché non riusciva più a tollerare il disprezzo con cui veniva considerato il proprio orientamento sessuale.

Ebbene, sembra davvero che queste parole incontrovertibili non abbiano alcun peso nei commenti dei giorni successivi; ne ho sentiti e letti alcuni che mi hanno lasciata sgomenta. La tendenza generale è quella di minimizzare, andando così ad infangare la sofferenza e la memoria del ragazzo che si è tolto la vita, in modo da mettere in guardia chi volesse servirsi di certi messaggi allo scopo di seminare tarli nel lobotomico vivere dei buoni e dei giusti: “Ma che c’entra l’omofobia? Chissà quali altri problemi avrà avuto!”

L’alienante pseudocultura defecata tutti i giorni dagli schermi televisivi e la caduta progressiva e inesorabile nel gorgo della tecnologia contribuiscono a mantenere gli individui ben distanti da quelle intime sedi in cui ciascuno dovrebbe cercare di coltivare la propria coscienza, i sentimenti, l’intelletto.

E così hanno origine la freddezza, l’insensibilità, l’idiozia, l’idiozia di chi, per esempio, non ha nulla da eccepire se un manipolo di fascisti organizza un tragico presidio per dire “sì all’omofobia”.

“Siamo in democrazia,” sostengono le istituzioni che tutelano lo svolgimento di simili aberranti manifestazioni di odio, “tutti hanno diritto di esprimersi.”

Ecco l’orrore: la legge lascia la possibilità a soggetti mentalmente inesistenti di vomitare la propria abominevole opinione, di calpestare la vita di altri e altre.

Questo avviene perché c’è un tessuto sociale che lascia fare, un tessuto sociale che sotto sotto è completamente indifferente a determinate questioni: se non fosse così, non ci sarebbero assurde battaglie per difendere il “diritto ad essere omofobi.” (avete letto bene: “il diritto ad essere omofobi.” Alcuni personaggi hanno pure promosso delle petizioni per salvaguardare tale diritto…)

La discriminazione si annida nei contesti più impensabili e, da un po’ di tempo, le cose sono cambiate in modo schifoso anche per me. Tanta gente del cazzo non ha più freni, vede il pupazzo e infierisce…

La società, questa società, le sta piano piano facendo capire che in fondo non è così grave offendere altre persone, che lo si può fare se queste persone sono diverse da te.

Ecco il triste messaggio che oggi, molto più di ieri, sta passando: e c’è della ferocia in tutto questo, una violenza cieca che sfocia in una risata ripugnante e in uno sguardo che rivela il nulla.

Un gay o una lesbica amano una persona del loro stesso genere: la società punta a porre in rilievo il complemento oggetto di questa proposizione, non il predicato verbale. Mentre invece è intorno a quest’ultimo che ruota la questione, sul verbo “amare”. Ma i moti del cuore, si sa, oggi non contano più nulla; vengono tuttavia sbandierati solo quando c’è da difendere la famiglia tradizionale, naturale, quella sana, quella giusta, quella formata da uomini e donne senza tante stranezze per la testa…

Mi dispiace per tutti coloro che magari avranno modo di storcere il naso e lamentarsi per la crudezza dei miei pensieri, ma la realtà è purtroppo questa: e io non posso permettermi di non guardare questo volto orribile.

Non c’è niente da fare: quando si è esseri inferiori, si è esseri inferiori. In ogni parte del mondo c’è sempre una nutrita schiera di sgherri dell’ordine precostituito che mira a umiliare, distruggere…

Pensate, proprio qualche sera fa un tale, uno sconosciuto, ha attraversato una strada solo per venirmi a chiedere cosa avessi fra le gambe. L’ha fatto come se fosse la cosa più normale del mondo da chiedere, non era ubriaco, non aveva cinque anni, non stava scherzando; era un ragazzo come tanti che stava trascorrendo una serata in compagnia di amici dopo una giornata di lavoro. Ed è proprio questo che mi ha lasciata attonita, allibita, completamente disarmata dinanzi a una simile ingenua idiozia.

I peti che fuoriescono da certe bocche, le violenze che vengono perpetrate ai danni delle persone cosiddette diverse, non sono purtroppo fatti isolati: anzi, esse si manifestano con crescente virulenza in quest’epoca idiota proprio a causa dell’ignoranza e del disagio che questa società nutre nei nostri confronti.

E’ dunque innegabile che negli ultimi tempi, anni, la situazione sia gradualmente e inesorabilmente peggiorata. Viviamo ormai in una società che, dopo aver mirato a sgretolare ogni contrapposizione, è divenuta quasi completamente di destra, una società che per l’appunto è stata preparata a tollerare certe mostruosità.

La volontà di prendere coscienza, di battersi anche solo denunciando certi orrori, va scemando di giorno in giorno.

Quando qualcuno tratta altre persone nelle maniere descritte sopra, significa che non le considera individui degni di rispetto: e paradossalmente non affermo questo per un orribile insulto in sé, ma per porre in evidenza il contesto sociale da cui esso scaturisce, un orizzonte di macerie fumanti in cui per fortuna ancora si stagliano gli scuri profili di chi nel proprio petto ha ancora un cuore che palpita ed è animato dalla voglia di lottare senza cedere alla rassegnazione.