Le visioni della democrazia dopo il fascismo. Idee costituzionali prima del 25 luglio ’43
Dobbiamo tornare ad interrogarci, per ricercare le risposte ai grandi problemi del nostro particolare tempo, caratterizzato su scala continentale e per alcuni aspetti mondiale dal ritorno del nazionalismo, di forme di oscurantismo, neofascismo e neonazismo. Riflettendo sull’antifascismo, abbiamo bisogno di un nuovo pensiero critico che, analizzando un inedito presente e guardando al futuro, sia ancorato alle grandi intuizioni resistenziali e pre-resistenziali: la riflessione sul passato non è mai sufficiente, ma è sempre necessaria.
In occasione del Centenario della marcia su Roma nello scorso autunno nella società italiana si è ampiamente riflettuto su quanto accadde allora.
Non si è sottaciuto che, fermo restando il ricorso diffuso alla violenza da parte dei fascisti che pesò moltissimo su quelle vicende, le forze del lavoro e quelle democratiche non seppero dar vita ad una reazione adeguata salvo l’appellarsi alle istituzioni che si mostrarono inerti, sorde e complici. Ma è tempo di riflettere anche sugli errori e i limiti delle forze antifasciste, divise, frequentemente in aspra concorrenza tra loro e comunque incapaci di comprendere a fondo che nel nostro paese stava avvenendo qualcosa di del tutto inedito. Se la sconfitta della nostra fragile democrazia è stata indubbiamente facilitata un secolo fa da quelle divisioni e da quegli errori, va sottolineato che ha pesato soprattutto la profonda crisi della Italietta liberale, una crisi che affondava le proprie radici nei decenni che hanno seguito l’unità d’Italia e che ha rafforzato la sua deriva negativa durante la Grande Guerra.
Enorme è stata la responsabilità del re e delle classi dirigenti di Confindustria, delle istituzioni, dell’esercito, della Chiesa e di molti altri che hanno pensato di usare il fascismo per contenere le sinistre e per cercare di costituzionalizzare quel complesso movimento eversivo per poi riprendere le usuali dialettiche tra i partiti risorgimentali, che in quella fase storica erano divisi e senza precise strategie. Ma le classi dirigenti italiane scelsero di non difendere i valori basilari della stessa democrazia liberale.
Dopo il ventennio nero e le sanguinose guerre fasciste espansioniste e coloniali, con la promulgazione delle leggi razziali, e con lo scatenamento della guerra a fianco di Hitler e del Giappone, prevalse nelle forze politiche antifasciste la consapevolezza di poter sconfiggere il fascismo, di dover ricostruire una Italia nuova e perseguire quegli ambiziosi obbiettivi con una unità politica, sindacale, sociale e culturale superando le infauste divisioni degli anni Venti.
Si combinarono così iniziative cospirative e confronti di straordinaria qualità politica e culturale sul come affrontare il futuro del Paese. Il pensiero cattolico maturò il Codice di Camaldoli, l’elaborazione di Spinelli, Rossi e Colorni culminò nel Manifesto di Ventotene, si ebbero le sofferte riflessioni aperte tra i socialisti e tra gli azionisti, si abbozzarono le prime idee di una democrazia progressiva da parte di Eugenio Curiel e successivamente tali idee furono organicamente sostenute da Togliatti. Questi contributi hanno innervato il dibattito tra coloro che poi animarono la Resistenza e guidarono l’Italia nel dopoguerra. Quelle riflessioni e quelle elaborazioni furono per molti aspetti fra i semi dei lavori della Assemblea Costituente, e successivamente della Costituzione che affonda le proprie radici storico-politiche nei “venti mesi”, dall’8 settembre al 25 aprile.
Oggi imperversano forme vecchie e nuove di revisionismo e la stessa Costituzione, che costituisce l’approdo più importante di quella fase storica e che a differenza di quella tedesca e di quella giapponese è stata realizzata attraverso un ampio percorso popolare, è posta ancora una volta sotto attacco.
Dobbiamo rispondere per quanto possibile con una specifica offensiva culturale. Se è vero che per definire un pensiero antifascista moderno dobbiamo riscoprirne i fondamenti storici, è perciò giusto e necessario tornare a studiare e ad approfondire le riflessioni di quegli anni, come ci siamo impegnati a fare durante l’assemblea nazionale dell’ANPI che si è svolta a Cervia il 4 e 5 febbraio di quest’anno. Da ciò è nato questo convegno, dall’opportuno titolo “Idee costituzionali prima del 25 luglio ‘43”.