La verità prima vittima

La prima vittima della guerra è, come è noto, la verità. Accade così anche per la guerra che Israele porta al Popolo Palestinese. La verità è uccisa ovunque, non solo in Palestina, ma anche in Italia, a Roma, dove circolano diverse notizie “infondate” o, per essere precisi, false, circa i motivi dell’assenza dal corteo del 25 Aprile della Comunità Ebraica e della Brigata Ebraica.

Si scrive della pretesa di estromettere dal corteo la bandiera della Brigata Ebraica e si lascia intendere che tale pretesa sarebbe avanzata dai Palestinesi e dall’associazionismo che solidarizza con la lotta di liberazione del Popolo Palestinese.

È falso. Tale pretesa non esiste. I presidenti della Comunità Palestinese hanno pubblicamente affermato nella riunione che l’Anpi indisse in vista del corteo del 2015 e nella trasmissione di RadioRai 3 di pochi giorni fa di auspicare fortemente la partecipazione della Comunità Ebraica e della Brigata Ebraica, aggiungendo di considerare gli ebrei propri fratelli e di sperare di tornare a vivere in pace sulla stessa terra come è stato per secoli. Identici auspici sono stati ripetutamente espressi da tutte le formazioni romane che militano a sostegno della causa palestinese.

Nel 2014 in piazza del Colosseo fu contestata la presenza della bandiera di Israele non della Brigata Ebraica. Per motivare l’assenza della Comunità Ebraica è stata addotta la mancanza di un servizio d’ordine del Pd a difendere l’incolumità dei membri della Comunità Ebraica lasciando intendere da che parte verrebbe la minaccia.

Ma si dà il caso che le cronache cittadine non abbiano mai registrato aggressioni di cittadini/e ebrei/e ad opera di palestinesi o filopalestinesi, bensì furono questi ultimi ad essere aggrediti nel 2014 in piazza del Colosseo ed il 24 giugno del 2010 sulla Scalinata del Campidoglio riportando tre feriti, uno dei quali, un palestinese, ne ebbe per sei mesi di ospedale. Se di servizio d’ordine ci fosse bisogno dovrebbe porsi a difesa di chi sostiene la Resistenza Palestinese.

La verità è che la presenza della bandiera palestinese nel corteo del 25 aprile costituisce un atto di accusa nei confronti dello Stato Israeliano che occupa indebitamente i Territori assegnati dalle Nazioni unite al Popolo Palestinese facendo di quest’ultimo un Popolo Resistente.

È questo che si cerca di nascondere. Ristabilire la verità dei fatti è necessario perché la pace si può solo costruire nella verità.

Nino Lisi – Rete Romana di Solidarietà con il popolo Palestinese

Non cadere nella trappola

Trovo discutibili le argomentazioni espresse nell’articolo pubblicato il 21 aprile «Dove stanno i “veri” partigiani». Forse Alessandro Portelli non ha mai visto da vicino lo spezzone della comunità ebraica che sfila da poco più di dieci anni (perché mai prima?) nei cortei del 25 aprile dietro lo striscione della Brigata ebraica.

A indignare non è tanto la commemorazione di questa formazione, per quanto parte dei suoi membri sono poi confluiti nell’Haganah, gruppo paramilitare sionista protagonista con l’Irgun nel 1948 della pulizia etnica della Palestina, ma la presenza, a sostegno, degli striscioni «Amici di Israele», che non si fanno scrupolo di definirsi sionisti, con tanto di bandiere di uno stato che pratica una politica diametralmente opposta ai principi che hanno ispirato il nostro movimento di liberazione. Uno stato che occupa, uccide e opprime, e che si fa beffe della legge internazionale. E’ vero, da qualche anno nei cortei del 25 aprile si respira un’ammorbante aria di strumentalizzazione politica.Un paio di anni fa, quando ho ricordato le migliaia di morti delle operazioni Piombo fuso e Margine protettivo, un signore insospettabile mi ha risposto: «Perché, erano pochi?».  Quanto alla Brigata ebraica, strano destino.

La comunità ebraica se ne ricorda dopo sessant’anni, lo stato italiano, con una medaglia in extremis, dopo settanta.

Se andate allo Yad Vashem, il museo dell’olocausto a Gerusalemme, e visitate la sezione dedicata alla presenza ebraica nelle formazioni resistenti in tutta Europa, nella parte che riguarda l’Italia non una parola, non un’immagine ricorda la Brigata ebraica.

Un piccolo gesto di ingratitudine? Fa parte delle contraddizioni di un paese che ci impone di definire antisemita tutto ciò che mette in discussione l’impunità, pretesa e rivendicata, alla quale la comunità internazionale lo ha abituato fin dalla sua nascita. Per favore, non cadiamo in questa trappola.

Ersilia Monti Milano

La risposta di Alessandro Portelli

Le precisazioni e le puntualizzazioni sono tutte giuste e opportune e ringrazio. Anche io ho posso testimoniare di episodi sgradevoli che non sono andati come ce li hanno raccontati.

Ma credo che il punto non sia tanto decidere di volta in volta chi ha provocato chi, quale servizio d’ordine abbia attaccato per primo, quanto piuttosto andare più a fondo interrogarci, ognuno di noi, su mentalità e atteggiamenti diffusi che rischiano di farci dimenticare le ragioni fondamentali che ci portano a manifestare, e non solo il 25 aprile.

Alessandro Portelli