Gent.ma Dott.ssa Norma Rangeri,

nell’ultima settima si è tornati a parlare di un fenomeno gravissimo noto col nome di «morti bianche».

Secondo l’I.N.A.I.L. nel 1° trimestre del 2021 si sono verificati 185 infortuni mortali. Oltre due decessi sul lavoro al giorno; 19 in più del 2020. Nel 2020 ci sono state 1.270 «morti bianche», oltre 3 al giorno (Fonte: Il Sole 24 Ore e Il Manifesto del 5 maggio 2021).

Queste notizie sono accompagnate dalle ennesime dichiarazioni: «occorrono più controlli», «mancano ispettori», «occorre sanzionare».

Le norme sulla sicurezza sul lavoro esistono da diversi decenni. Prima con il Decreto Legislativo n. 626 del 19 settembre 1994 e attualmente riordinate con il Testo Unico Sicurezza sul lavoro (TUS) emanato con il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Le sanzioni per chi non rispetta la normativa sono pesanti, eppure gli incidenti mortali sul lavoro continuano, ahimè, ancora a verificarsi. Quindi, a mio parere, le colpe di questa continua strage «bianca» sono da attribuire solo ed esclusivamente ad una normativa strutturata male.

Compito di uno Stato moderno, democratico ed avanzato è quello soprattutto di prevenire e non di sanzionare. Quando in uno Stato prevale la repressione sulla prevenzione c’è qualcosa che non funziona. E quando uno Stato non funziona chi ne paga le conseguenze sono soprattutto i soggetti più indifesi.

Compito della «sinistra» è quello di rappresentare e difendere in ogni luogo e circostanza gli strati sociali meno protetti e di contribuire alla costruzione di uno Stato in cui prevalgano la giustizia sociale, la democrazia, l’efficienza. Se lo Stato non offre gli strumenti idonei affinchè la «prevenzione» venga recepita in ogni realtà lavorativa, gli incidenti continueranno a verificarsi.

Attualmente i corsi sulla sicurezza sul lavoro in Italia sono gestiti dalle associazioni di categoria datoriali e senza un rigoroso controllo sulla frequenza dei partecipanti. Il fine, in sostanza, si esaurisce nell’acquisire l’«Attestato di partecipazione». Poiché la «prevenzione» è una questione seria e considerato i scarsi risultati ottenuti dall’attuale normativa i corsi non possono continuare ad essere svolti in modo generico e blando. Considerata la gravità della situazione mi domando perché non è lo Stato ad istituire ed organizzare i corsi sulla sicurezza sul lavoro?

Lo Stato ha le sedi, ha il personale qualificato per impartire le lezioni teoriche supportate da esercitazioni pratiche (Ispettori Ministero del Lavoro, Ispettori Inail, Ispettori Inps, Ispettori di azienda sanitarie locali – Spesal), ha tramite l’Agenzia delle Entrate e il Registro delle Imprese l’anagrafe di tutte le aziende italiane, per codici di attività e per settore merceologico: fonti utili per classificare e sezionare i corsi di formazione. Attraverso l’INAIL è in grado di sapere anche il tasso di rischio attribuito a tutte le aziende e quelle in cui si sono manifestati incidenti. Solo se la formazione viene gestita dallo Stato, con un numero adeguato di ore di lezione e svolta in modo serio, gli infortuni sul lavoro potranno essere evitati o notevolmente ridotti.

In Italia la stragrande maggioranza delle aziende è rappresentata da micro imprese (artigiani e piccoli commercianti). Queste aziende, sulla questione sicurezza, sono totalmente abbandonate dallo Stato. Sono sole. Gli incidenti colpiscono tutti, non solo gli operai, ma anche i titolari delle piccole aziende. Non sono anche quest’ultimi dei lavoratori? La vita umana non ha lo stesso valore, a prescindere se si è operaio o titolare? Non sono tutte tragedie umane?

Si può sostenere che se oggi il Decreto Legislativo n. 81/2008 dovesse essere applicato in tutti i suoi articoli, tutte le aziende, private o pubbliche, siano esse piccole, medie e grandi, dovrebbero essere chiuse. Persino alcune sedi di uffici pubblici e di aziende sanitarie dovrebbero essere chiuse.

Infine, se le dichiarazioni del Ministro del lavoro Andrea Orlando, hanno un senso e cioè che «occorre fare», che lo «Stato non può risparmiare sulla sicurezza», io ritengo che quanto sopra indicato produrrà risultati più efficaci. Non porterà alcun onere aggiuntivo per lo Stato, in quanto strutture e personale formatore sono già a suo carico; renderà più umana la vita lavorativa delle persone; si risparmierà sui costi di infortunio ed altri oneri connessi (contenziosi civili e penali).

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Cosimo Tamiano

Trepuzzi (Lecce)