Faccia a faccia ieri mattina tra Enrico Letta e il premier Mario Draghi. Sul super green pass sostegno totale del leader Pd alle decisioni del governo. Su Pnrr e rapporti nella maggioranza invece Letta ha manifestato le sue preoccupazioni.

Sul primo dossier il leader Pd ha parlato del «carico di aspettative» sui miliardi di Bruxelles: «C’è il rischio che sui territori non si veda le “messa a terra”, che passi l’idea che non cambia realmente la vita delle persone. Con Draghi ho parlato della necessità di accelerare, di dare una raddrizzata. Altrimenti parte la disaffezione». E «se parte la moda di dire “sta girando male” non la riacchiappiamo più, la politica non deve essere messa da parte nella realizzazione del Pnrr, c’è il rischio di perdere una grande occasione».

Toni inusualmente preoccupati per il più europeista dei leader di partito italiani. Ma ancor di più sull’incidente della settimana scorsa in Senato, quando il governo è andato sotto sul decreto capienze perché renziani, Forza Italia e Lega hanno votato con Fdi. «Al premier ho detto che si è trattato di uno strappo inaccettabile, che deve restare un’eccezione». Anche perché «questa manovra va gestita con molta attenzione».

Se il Pnrr lo inquieta, Letta è molto più sereno sulle condizioni del Pd. Ormai il grosso degli ex renziani di Base riformista ha deposto l’ascia di guerra e collabora con la sua segreteria. «In tutta questa fase di vita del partito sfido chiunque a dire che ho fatto una scelta per motivi di corrente», ha detto ieri al summit dei sindaci dem. «Abbiamo vinto le amministrative perché stiamo superando una logica deleteria di una correntizzazione del partito che rendeva impossibile far passare qualsiasi cosa ai cittadini». «Quando Draghi chiuderà il compito, sarà la politica a doversi assumere le responsabilità. Per questo c’è bisogno di un partito unito e coeso, dove le persone si fidano a vicenda».

Una prova è stata nel pomeriggio la presentazione a Roma del libro di Stefano Bonaccini «Il paese che vogliamo». Il presidente emiliano, che per mesi era stato indicato come candidato alla guida del Pd, ha ribadito la sua lealtà a Letta: «Quando era a Parigi gli ho detto che ero pronto a dargli una mano. Non potevamo fare un congresso in piena pandemia. Fortuna che è tornato, e va solo ringraziato».

Anche Bonaccini, tra i più critici sul M5S, ha aperto al campo largo: «Se confermano una svolta europeista e progressista come si fa a non considerarli naturali alleati? E se chiedono di entrare nel gruppo socialista perchè dire no?». Stoccata invece a Renzi: «Sta tornando il bipolarismo, se qualcuno vuole stare in mezzo da solo sbaglia. E non vedo come possa andare dai sovranisti. Bisogna invece dare una mano al centrosinistra per battere questa destra».

In platea altri ex renziani come il sindaco di Firenze Dario Nardella, quello di Bergamo Giorgio Gori e la capogruppo al Senato Simona Malpezzi. Tutti segnali che la corrente che fece la guerra a Nicola Zingaretti ha deposto le armi. È il momento della «pax lettiana».