Scrive una lettera per ribadire di non aver mentito né ai pm né al parlamento, ma soprattutto Annamaria Cancellieri riceve, per la seconda volta in appena dieci giorni, la copertura politica di Enrico Letta che ancora una volta è costretto a intervenire per ribadirle la fiducia del governo.
Tira dritto il ministro della Giustizia, nella bufera per i suoi rapporti con la famiglia Ligresti ma soprattutto per un fitto intreccio di telefonate intercorse tra lei, suo marito Sebastiano Peluso e Antonino Ligresti, fratello di Salvatore. Va avanti anche se la lettura dei tabulati telefonici in mano ai magistrati, e resi noti da Repubblica, racconta una storia diversa dalle cose dette da lei stessa il 22 agosto scorso al pm della procura di Torino Vittorio Nessi e, il 5 novembre, al parlamento. Mercoledì prossimo alla Camera si discuterà la mozione di sfiducia contro di lei presentata dal M5S, e non è affatto detto che a votarla saranno solo i grillini. Ieri sera Matteo Renzi ha ribadito quanto detto la scorsa settimana a Servizio pubblico, vale a dire che se si trovasse al posto della titolare della Giustizia si dimetterebbe. E la stessa richiesta di dimissioni è arrivata anche da tutti e tre gli altri candidati alla segretaria, Cuperlo, Civati e Pittella. Una posizione diversa da quella ufficiale espressa finora dal segretario Epifani, segno di un partito fortemente diviso che affronterà il caso Cancellieri in una riunione del gruppo parlamentare già fissata per martedì.
Finora si era sempre parlato di due telefonate intercorse tra il ministro e i Ligresti. Quella famosa del 17 luglio, quando Cancellieri esprime a Gabriella Fragni la sua solidarietà per l’arresto dell’ingegnere e delle due figlie, e poi quella del 18 agosto quando, secondo Cancellieri, Antonino Ligresti la contatta perché preoccupato per la salute della nipote Giulia, detenuta nel carcere di Novara, chiedendole di intervenire. Una versione che però non coinciderebbe con quanto scritto nei tabulati. Il 18 agosto, tanto per cominciare, sarebbe stata la Cancellieri a chiamare Antonino Ligresti e non viceversa. E una terza telefonata risulterebbe il 21 agosto, il giorno prima che il ministro venisse ascoltata dal magistrato che indaga sul caso Fonsai. Anche in questo caso è la Cancellieri a telefonare a «Nino» Ligresti», anche se lui l’aveva cercata il giorno prima senza successo.
«Antonino Ligresti è nostro amico, lo ribadisco», ha scritto ieri il ministro nella lettera in cui si difende dall’accusa di aver mentito. «Un rapporto di amicizia è tale perché implica una frequentazione fatta anche di conversazioni e di contatti telefonici». Cancellieri ribadisce poi di aver avuto solo due colloqui telefonici con «Nino» e «di questi ho riferito puntualmente alla procura perché questi erano quelli che avevano ad oggetto i fatti sui quali sono stata sentita».
Dai tabulati risulta però che a chiamare Nino Ligresti è anche il marito del ministro, Sebastiano Peluso. E lo fa per ben sei volte, tra la fine di luglio e la prima settimana di agosto. Possibile che i due non abbiano parlato delle condizioni di salute di Giulia? E possibile che Peluso non ne abbia riferito al ministro anticipando così il intervento presso il Dap? «Questa sarebbe questione che mette in discussione il mio operato – scrive ancora Cancellieri -. Antonino Ligresti è nostro amico, lo ribadisco. È un medico; mi sono rivolta spesso a lui per consigli su problemi di salute miei e dei miei familiari. L’abbiamo fatto anche in quel periodo – all’epoca dei fatti ero reduce da un recente intervento chirurgico – ed anche in seguito per i problemi di salute che sono tuttora visibili e noti. Nessuna interferenza vi è stata rispetto alla vicenda processuale dei Ligresti da parte mia».
La palla adesso passa alla Camera dove martedì alle 10,30 si discuterà la mozione di sfiducia del M5S: «Aspettiamo al varco gli altri partiti, adesso vedremo se le daranno ancora fiducia oppure no», ha detto ieri il capogruppo a Montecitorio Alessio Villarosa, mentre anche la Lega è per le dimissioni.
A sinistra, invece, come al solito le cose sono più difficili. Nessun vuole votare la mozione di sfiducia dei grillini, ma mentre Renzi, Cuperlo, Civati e Pittella continuano a chiedere al ministro di dimettersi, D’Alema, e con lui anche il responsabile Giustizia del partito Danilo Leva, preferiscono attenersi a quanto deciso da Letta. Anche Sel è divisa, con la maggioranza dei parlamentari contrari a Cancellieri e pronti a uscire dall’aula al momento del voto.