«Ce l’abbiamo fatta! Commissione Ue annuncia ora ok a più flessibilità x prossimi bilanci x paesi come Italia con conti in ordine.#serietàpaga». Ecco il tweet del premier Enrico Letta lanciato subito dopo l’annuncio proveniente da Bruxelles (lo abbiamo copiato paro paro, spazi inclusi): il presidente del consiglio incassa la decisione della Ue, e ugualmente fanno dal campo del Pd, attribuendo il successo allo stesso Letta. Ora che l’Italia potrà spendere di più – ma sempre senza sforare il deficit – governare appare più facile.

È stato però in realtà il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, ieri, a dare maggiori elementi sulle prossime mosse dell’esecutivo. In audizione presso le Commissioni Bilancio di Camera e Senato, Saccomanni ha subito sottolineato che il governo «intende rispettare l’obiettivo di contenere il disavanzo entro il 3% del Pil. Eventuali nuovi interventi di sostegno all’economia in aggiunta a quelli programmati – ha spiegato – potranno essere attuati solo a fronte del reperimento di risorse che consentano di mantenere invariati i saldi di bilancio».

Come dire: sì, abbiamo più flessibilità, ma il rigore continua a essere una priorità dell’esecutivo. «Nel brevissimo termine i margini di manovra» dei tagli alla spesa pubblica «sono molto limitati», ha aggiunto il ministro. Una voce da cui si pensa di poter reperire risorse per rilanciare la crescita, sono appunto i tagli e le dismissioni del patrimonio pubblico (immobili e partecipazioni di Stato ed enti locali), ma il tutto secondo un programma graduale, che terrà conto di quanto già previsto nelle passate finanziarie: lo Stato alienerebbe ogni anno patrimonio e partecipazioni pari all’1% del Pil, con un debito «che è ormai prossimo al 130% del Pil».
Ulteriori margini di spesa si potranno aprire quando, insieme alla flessibilità già accordata dalla Ue, dovrebbe arrivare anche l’attesa ripresa.

«Credo di essere l’unico che continua a vedere un po’ di luce in fondo al tunnel e sono convinto che non è un treno che ci sta venendo contro», la notazione – anche un po’ ironica – del ministro, per confermare che a suo parere la ripresa arriverà nel quarto trimestre dell’anno, dopo l’attuale, il terzo, ancora «prodromico» (così lo aveva definito due giorni fa).

Secondo Saccomanni, «vanno accelerati i pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione alle imprese», cardine, insieme alle dismissioni del patrimonio pubblico, e insieme al «pacchetto lavoro» con gli incentivi varato una settimana fa, che dovrebbe dare il vero impulso alla crescita. Il tutto, condito da un migliore e più efficace utilizzo dei fondi messi a disposizione dalla Ue, spesso purtroppo sprecati: «Va velocizzato l’utilizzo delle risorse stanziate per l’attuale ciclo 2007-2013, le cui spese effettuate risultano pari a circa il 40% delle risorse programmate. Restano infatti da spendere 30 miliardi entro il 31 dicembre 2015», ha spiegato, conti alla mano.
Infine, attuare la delega fiscale è «una priorità del governo»: «L’azione sulla spesa – ha concluso il ministro Saccomanni – dovrà creare gli spazi per una decisa riduzione della pressione fiscale che grava sull’economia regolare, crea disincentivi all’offerta di lavoro e all’attività di impresa».