Capita di svegliarsi nel cuore della notte quando abbiamo un conto aperto con l’angoscia. In questo caso mi sono svegliato perché l’orologio dei termosifoni è impazzito e la pizza di ieri sera brucia nel mio stomaco.
Mi alzo, non ho altro da fare che fuggire la calura e mettermi a scrivere.
Sono stato in quella che si chiama «zona a nord di Napoli».
Un groviglio di paesi e quartieri, a metà strada tra la campagna e il centro.
La ricognizione avviene senza mai scendere dalla macchina. Piove e voglio vedere tante cose prima di arrivare a Villaricca dove mi aspettano per la presentazione di un mio libro.
Mi fermo al Centro Commerciale Campania. È strano che all’una di un martedì di novembre ci sia comunque molta gente. Mangio il tipico panuozzo e noto l’adiacenza con il Mc Donalds.
Parlo al telefono, racconto a un’amica di come la vita si svuota a furia di riempirla. Ci penso da giorni a questa cosa. Penso al fatto che la vita fitta di impegni diventa priva di profondità. In effetti sono le cose che non accadono a dare senso alle nostre giornate, così come gli sconosciuti sono la gentile premessa allo svolgimento delle nostre frequentazioni.
Da Caserta prendo l’asse mediano, vedo cose già viste, ma so che sono nuove. Il mondo è sempre lo stesso, ad essere cambiato è solo il tempo, è il tempo a non essere più quello di una volta. In un’ennesima conversazione telefonica mi sento dire che possiamo scegliere lo spazio, non il tempo. Mi viene da dire che il tempo è un’autostrada senza uscita.
Intanto sono arrivato a Giugliano. Piove da nuvole disordinate. Il cielo sembra voglia fare da specchio a quello che c’è in terra. Seguo la freccia che indica Qualiano. È il momento degli appunti. Mi invento un nuovo modo di scrivere, come se fossi un corrispondente di guerra. Chiamo un’amica e le detto quello che vedo. Guardo e riferisco, per scrivere quello che vedo dovrei fermarmi o dovrei avere qualcuno con me. Sono solo. Da quando conosco un sacco di persone la mia solitudine si è ispessita.
Detto le scritte delle insegne, guardo il mondo scritto e trovo anche il tempo di scattare qualche fotografia, il tutto rigorosamente senza sosta. Non è un giorno di lentezza. Forse la lentezza è solo una retorica come un’altra. Siamo sbranati dal tempo e inseguiamo una salvezza che non c’è, un’intensità che ormai non si trova neppure nella morte. È arrivato il comunismo degli attimi. Non c’è modo di fare differenze, semplicemente si avvicendano, sembra che lo stesso attimo si replichi all’infinito. Il tempo come una nave da stivare in attesa di una navigazione impossibile. Non si salpa da nessuna parte. È ostruita la via del contingente e anche quella dell’eternità. Possiamo solo raccogliere brandelli di noi stessi e del mondo esterno, possiamo mettere solo virgole tra una cosa e l’altra.
Città di Qualiano, rispetta le regole del vivere civile, Zoomiguana, il megastore degli animali, Rimarrai sempre nei nostri cuori, ciao paky!, Fabbrica materassi a molle e ortopedici anche con lana del cliente, Airone danza, Pollo a legna, Cornetti di notte, Pianeta mutui, Global Service, La Maison immobiliare fitta. Chiedo a un vigile dove sia il centro, lui lo chiama centro sporadico. Macelleria, carne italiana chianina e black Angus, non tutti i caos sono uguali, mi interrogo sulla differenza tra Villaricca e Casalnuovo, Prossima apertura, Benessere in movimento con solo 15 euro al mese, Un modo esclusivo per vivere il fitness, scopri come siamo in, Cornetto più succo 1 euro, Shopping auto, Compro oro e argento,Cornetti tutta la notte, Sfizzi di pizza e cacciagione, Cinemercato, Hotel Piper camera doppia 20 euro.
Qui mi viene la fantasia di un racconto, uno che si reca ogni tanto in un albergo ad ore, arriva in stanza, si stende sul letto da solo, chiama una donna al telefono, si abbassa i pantaloni, si masturba mentre lei fa la stessa cosa dall’altra parte del telefono, il racconto potrebbe anche prevedere che lui stia parlando da solo, il tipo non ha a chi telefonare per fare una cosa del genere, compone un numero che non esiste, poi si riveste, esce fuori, tornerà la prossima volta, sempre allo stesso posto, pronto a donare venti euro per una sega.
Intanto c’è la galleria del tappeto, Qui agnelli della Puglia, festival dell’ingordigia, penso che questo sia il territorio dei tredicenni, adolescenza e modernità incivile, L’assessore Gianni lasciato solo in tre anni ha distrutto l’istruzione, Pronto intervento ostetrico, Follia e scarpe, Estetica globale, foto ringiovanimento, epilazione definitiva, hot stone massaggi, ricostruzione unghie, senso della vita annidato nelle unghie sfaldate, ricostruite e decorate, le mani da proteggere, rischio perdita della protesi su unghia, madre con bambino e Bmw, 13 carciofi 2,99, parcheggio, No Tav, Ernia del re, Io blocco, Contro gli inceneritori ovunque, ecco la prima traccia del fermento che in questi giorni c’è in questa zona. Benessere e Spa, Solarium le Maldive, Caffetteria l’oro di Napoli, Colazioni a domicilio, ragazzo con computer davanti al negozio di frutta e verdura, Incredibile ma vero, solo 50 centesimi, Padre Pio, Ti devi sposare? parliamone insieme, Britishinstitute, Scommesse ippica, Centro baby, Compro oro e cartelle pegnorate, non so cosa siano, intanto cerco il Comune di Villaricca, non posso più dettare, la mia amica ha altro da fare ed è arrivata l’ora dell’incontro, vicino al Comune ci sono già le persone che mi hanno invitato.
Ancora telefonate. Mi chiama Michele da Pomarico per l’incontro di domenica, Vincenzo mi parla dell’incontro che faremo il venti dicembre a Lecce in onore di Scotellaro. Prima avevo parlato con un giornalista della Rai che mi aveva chiesto di perorare la causa di una bella trasmissione che i dirigenti vogliono chiudere. Una trasmissione che parla di montagne non fa molti ascolti in una nazione che sembra essersi vocata interamente alla pianura, perché sulle pianura è più facile stendere il tappeto di palazzi e officine, la selva delle insegne, l’alfabeto dei capannoni, i verbi delle pompe di benzina. Il mondo come groviglio di parole senza lingua. Le montagne sono un ingombro inutile in un mondo del genere. Un mondo da dimenticare, magari con un traforo, come vogliono fare in Val di Susa. Mi viene in mente un triangolo: la base è al Nord, dal Mose di Venezia, alla Tav piemontese. Il vertice sono le ecoballe di Giugliano o i veleni sparsi nella terra dei fuochi.
Ci sono molti ragazzi nella sala consiliare. Parlo a loro, con tutto l’ottimismo che mi è possibile. In questo periodo il mio parlare sembra aver trovato accenti particolarmente credibili. Dico le stesse cose un po’ ovunque, ripeto delle formule a effetto, come quella sullo scoraggiatore militante. La mia è una retorica come tante, ma forse le persone che vengono a sentirmi sentono quello che ero quando avevo le mie giornate bianche, quando scrivevo senza lettori, quando mi leggeva solo la mia ansia. Se c’è forza in quello che dico, viene dal passato, non da quello che sono e che faccio adesso. Sono un reduce che racconta di una guerra, in certe sere pare che si istituisca questo gioco: sono un eroe che parla a un popolo di convalescenti. Ovviamente il mio eroismo è un equivoco, Canetti diceva che si tratta solo di capire per chi ci scambiano.
Il viaggio di ritorno verso casa è affidato ancora alle telefonate. Componi un numero e arriva una voce e in questa voce cerchi l’aria del mondo che c’è adesso, ogni voce ti parla da un fronte, in fondo ognuno è dentro una sua disfatta. Esiste ormai anche una paesologia telefonica. Passare da un interlocutore all’altro, come si passa da un paese all’altro. Adesso mi ricordo solo alcune delle persone a cui ho parlato. E dei posti che ho visto oggi non so che dire oltre gli appunti dettati al telefono. Non ci sono somme da tirare. Sono le sei e mezza del mattino, fra poco devo andare a scuola, poi devo accogliere una persona che viene a trovarmi, poi ci saranno le telefonate e poi gli incontri dei prossimi giorni e delle prossime settimane. Andrò a Riccia, a Milano, a Noci, a Penne, a Cava dei Tirreni, a Ladispoli e in altri paesi e in altre città.
Un sedentario che si muove a oltranza, questo sono diventato, uno che scrive per cancellarsi.