Le motivazioni di chi lotta per la rivoluzione alimentare sono di grandissima portata. L’antica etica del rispetto dei viventi e della prevenzione delle sofferenze (più di recente, in un’ottica anti-specista). Gli impatti ambientali e climatici della zootecnia (filiere inquinanti ed energivore, distruzione delle foreste, grande impiego di risorse). La concorrenza affamante fra cibo per gli umani e mangimi (in gergo feed-food competition). I rischi sanitari per gli umani (zoonosi, patologie cronico-degenerative da consumo di prodotti animali, contaminazione idrica da farmaci e deiezioni). Non ultima, la durezza di molti lavori nella filiera zootecnica (pensiamo all’intramontabile testo della narrativa socialista del 1900, The Jungle, di Upton Sinclair, ambientato nei macelli di Chicago).

DECINE DI MILIARDI OGNI ANNO sono gli animali abbattuti nella filiera avicola mondiale; solo i pesci allevati e pescati li superano, quanto a numero di individui. Il comparto ingoia la maggior parte dei mangimi prodotti al mondo e produce il 30% della carne immessa sul mercato. Pochi chili di resa per ogni animale, «dopo mesi vissuti senza spazi, su una lettiera carica di ammoniaca perché mai pulita per l’intero ciclo di vita, con relativa perdita di piumaggio e formazione di ustioni. Impossibile qualunque comportamento naturale. E un tasso di mortalità negli allevamenti calcolato – a livello mondiale – intorno al 6%», riassume Chiara Caprio di Animal Equality Italia. Tutto per la massima resa alla macellazione, nel minor tempo possibile.

Le galline ovaiole confinate, spiega l’associazione Lav, «soffrono per danni psicologici e fisici – dall’osteoporosi alla frattura delle ossa, dalla deformazione degli arti alla crescita incontrollata delle unghie, alla steatosi epatica, anche conosciuta come fegato grasso, che può avere conseguenze improvvise anche letali». Intanto, grazie alla campagna europea End the Age Cage, portata avanti da molte associazioni, la Commissione dell’Ue ha decretato la graduale e progressiva dismissione degli allevamenti di ovaiole in batteria, e delle gabbie per gli altri animali da reddito, fino al totale divieto a partire dal 2027. Dal 2012 sono state introdotte le cosiddette gabbie arricchite per le galline ovaiole. Ma una gabbia è sempre una gabbia e non consente agli animali comportamenti naturali.

BROILER SIGNIFICA DA GRIGLIARE… e il 98% dei polli da carne macellati in Italia appartiene a questa razza ibrida, «geneticamente condannata alla sofferenza», come ha verificato l’inchiesta di Animal Equality (uscita il 3 marzo in esclusiva su Il Fatto quotidiano). Radiografie eseguite da veterinari sui corpi di polli di questa razza a rapido accrescimento, alcuni deceduti in allevamento, altri deceduti mentre vivevano protetti in un rifugio, hanno dimostrato che a prescindere dalle condizioni ambientali, si tratta di animali destinati a soffrire per via della loro stessa natura e sviluppo genetico. Impossibile di fatto garantire loro alcuna reale tutela. «Sono chiamati “a rapido accrescimento” proprio perché frutto di una selezione finalizzata a ottenere la crescita accelerata e un volume sempre maggiore di petto e cosce, le parti più vendibili sul mercato. Si mette in secondo piano la salute stessa degli animali: le loro capacità motorie, la circolazione del sangue e la corretta respirazione».

LE RADIOGRAFIE HANNO RISCONTRATO: crescita innaturale e peso eccessivo degli animali; gravi danni alle ossa; danni cardiorespiratori; danni agli organi interni; sanguinamenti esterni e interni. Per i broiler a rapido accrescimento è dunque impossibile anche nelle migliori condizioni logistiche rispettare il decreto legislativo n. 146 del 2001 sulla protezione degli animali negli allevamenti, che impone di adottare misure adeguate per garantire il benessere e affinché non vengano loro provocati dolore, sofferenze o lesioni inutili. Così Animal Equality ha lanciato una petizione (che ha già superato le 10.000 firme) rivolta al ministro per le politiche agricole e al ministro per la salute affinché appoggino a livello europeo la messa la bando delle razze a rapido accrescimento e ne dispongano il totale abbandono in Italia. Del resto, fin dal 2010, l’Autorità Europea per la sicurezza alimentare aveva rilevato negatività connesse al rapido incremento di peso dei polli broiler.

LE GALLINE SVIZZERE E DANESI hanno le ossa rotte. Un nuovo studio condotto dall’Università di Berna denuncia la grave sofferenza a cui sono esposte le galline ovaiole all’interno degli allevamenti. In un periodo di dieci mesi, sono state fatte radiografie riscontrando sul 97% la presenza dello sterno spezzato e una media di tre ossa rotte. Sofferenza e impedimento nei movimenti minimi. Quali le cause? Una gallina ovaiola depone in media oltre 300 uova all’anno, ricavando il calcio per formare il guscio dalle proprie ossa, che non hanno tempo a sufficienza per ricostituirsi.

IN DANIMARCA QUASI 5.000 OVAIOLE (di 40 allevamenti) a fine produzione sono state sottoposte a eutanasia e studiate. E’ stata riscontrata la presenza di fratture in moltissimi esemplari. Ulteriori ricerche al riguardo potrebbero servire per migliorare la longevità e il benessere delle galline, hanno precisato i ricercatori. Sulla base di questi studi, Animal Equality chiede approfondimenti e verifiche anche in Italia.

SALVATE I PULCINI MASCHI DELLE OVAIOLE. Non importa la tipologia di allevamento: i pulcini maschi delle galline di razza ovaiola sono soppressi alla nascita perché non adatti a diventare polli da carne. Scarti della produzione. In Francia e Germania è stato da poco introdotto il divieto di questa pratica; gli allevatori hanno tempo fino alla fine dell’anno per adeguarsi. Alcuni marchi già lo fanno. E in Italia? Il 16 dicembre 2021 la Camera dei deputati ha approvato un emendamento che vieta entro il 2026 l’abbattimento dei pulcini maschi, finora fatti fuori in grandi numeri, dai 25 ai 40 milioni all’anno. Oltre a questo divieto su scala nazionale, lo Stato italiano – dopo l’approvazione del Senato, ultimo passaggio ancora mancante ma che dovrebbe arrivare entro la fine del 2022 – si impegnerà a favorire l’introduzione e lo sviluppo delle tecnologie e degli strumenti per il sessaggio degli embrioni in-ovo. Sviluppata in Germania e in diversi altri paesi europei ed extra Ue, la tecnica permette di identificare il sesso del pulcino ancora prima della sua nascita, risparmiando così milioni di vite.

LUNGA VITA ALLE GALLINE? Negli allevamenti industriali, le galline vengono «rottamate» dopo poco più di un anno, quando la loro produzione di uova inizia a calare. Nel settembre 2019 il marchio francese (in Normandia) Poulehouse aveva lanciato «l’uovo che non uccide la gallina». Costava un po’ di più: ogni ovetto un euro, con la promessa che le galline sarebbero state tenute in produzione fino verso i tre anni, e alla cessazione completa dell’attività avrebbero visto aprirsi per loro la porta di una casa di riposo fino alla morte naturale. È andata male: la società ha subito pressioni e boicottaggi a livello della filiera tanto da essere posta, da poche settimane, in liquidazione. Uno degli allevatori ha cercato di riprendere l’idea; dopo due anni in azienda, le ovaiole vecchiette vengono date in adozione. Ma ecco l’idea geniale a Cutrofiano, in Puglia. Si chiama Uovo perfetto. Una start-up compra dagli allevamenti ordinari le galline la cui produzione è in calo fisiologico, le salva dal macello, le inserisce in natura, all’aperto. Moriranno di vecchiaia. E le loro uova hanno un ottimo mercato. Si può fare.