E’ da settant’anni che il Premio LericiPea festeggia a Lerici e dintorni poeti italiani e stranieri, giovani promesse e anziani maestri, da Giudici e Luzi ad Adonis, Enzensberger, Kadaré, Noteboom, Bonnefoy e Louise Glück. Questa ottenne il massimo premio nell’autunno 2022, a un anno dagli ottanta e dalla morte improvvisa. Parlò da remoto da Boston, superando la consueta riservatezza, di come scriveva le sue raccolte, con informazioni ghiotte: in ogni poesia di Averno, mi pare abbia detto, ho inserito un particolare tratto dai gialli di Henning Mankell. Parlava della libertà della poesia, terrificante ed esaltante, perché in questo genere tutto è permesso… salvo la mediocrità.

E lesse: «My body, now that we will not be travelling together much longer». «Mio corpo, ora che non viaggeremo più insieme per molto / incomincio a provare una nuova tenerezza per te…». Glück non sapeva che aveva pochi mesi da vivere, ma la poesia sì.
Chi ha avuto la fortuna di essere a Lerici negli ultimi decenni ha potuto conoscere questi musicisti della parola e apprendere ad ascoltarli meglio. (Anche se Glück diceva che detestava leggere, voleva parlare a tu per tu con i lettori attraverso la pagina scritta.) Così abbiamo scoperto persone come il cileno esule Juan Gelman, che ritrovò la nipote data in affido dopo l’assassinio di regime dei genitori comunisti: «Grazie compagno Cernuda, / grazie di ricordarci la nobiltà umana / in questo tempo di dispassione. / Grazie di ricordarla con bellezza, / come sole che entra in una casa vuota…».

E nel 2014, per il sessantesimo anniversario del LericiPea, il premio principale andò per una volta a tre autrici, l’israeliana Agi Mishol, la tunisina di lingua araba Amel Moussa e l’italiana Gabriella Sica. Moussa reggerà poi il Ministero della Famiglia tunisino dal 2021 al 2023.

Erano proposte di dialogo fra vecchi nemici e nuovi amici, e molti dei poeti maggiori hanno raccontato i travagli ereditati dal secolo scorso e riemersi con tutta la loro violenza nel primo quarto del Duemila. Proprio a settembre del 2001 una poeta e studiosa americana, Sandra Gilbert, ebbe un riconoscimento e portò la sua testimonianza accorata, mentre nel 2006 Lawrence Ferlinghetti, in forma smagliante, non perse l’occasione per denunciare il guerrafondaio Bush mentre riceveva il premio alla carriera e inaugurava la mostra dedicata alla sua arte al CAMEC di La Spezia. Si era infatti arruolato nel Fluxus e creava scritte e disegni con la stessa passione della sua sorniona poesia che in Italia ha sempre trovato editori e lettori quanto se non più che in patria.

Insomma, una galleria delle facce e voci di quasi tutti i poeti che hanno contato a livello internazionale. Sul lungomare di Lerici, mentre si passeggia verso San Terenzo e la Villa Magni che fu già degli Shelley, grazie a una sponsorizzazione importante, è stato possibile porre una serie di targhe con i nomi dei premiati, così si cammina ricordando e ci si istruisce e magari si legge. Molti non sono più fra noi, come appunto Glück, Ferlinghetti e Gelman, ed Evtusenko e Bella Achmadùlina, che per un po’ fu sua moglie e che leggeva come una nobile russa col viso di porcellana: «Forse pensi: è per superbia / che non mi vuole amico. / Non la superbia – l’amarezza / tiene così alta la mia testa». Nel 2005 il premio toccò a Seamus Heaney, altra voce che emerge da conflitti e violenze cercando una conciliazione fra privato e pubblico attraverso «la riparazione della poesia», titolo di un suo libro che indica sia ciò che la scrittura può, riparare, sia la necessità di ripararla, difenderla.

Portammo Heaney a Portovenere attraverso lo splendido golfo e alla Grotta Byron, dove secondo una leggenda il Lord scrisse e nuotò. Fra gli eventi del LericiPea 2024 ci sarà una giornata dedicata a Byron a duecento anni dalla morte, con letture e interventi al Castello di Lerici (8 settembre). Non per nulla il Golfo di La Spezia è noto come Golfo dei Poeti, non solo inglesi certo. Ma Byron e Shelley, amici e aristocratici rivoluzionari, sono quanto di meglio un golfo possa vantare, anche se i loro soggiorni vi furono brevissimi (Byron) o funesti (Shelley, che annegò nel naufragio del suo veliero navigando fra Livorno e Lerici e il cui corpo fu arso sulla spiaggia di Viareggio con Byron che cupamente assisteva e nuotava, beccandosi una tremenda insolazione). Abbasso la monarchia – scriveva Byron nel magnifico Don Giovanni (purtroppo introvabile in Italia) — e la follia omicida della guerra. Salvo quella per l’indipendenza dai tiranni, e infatti morì in Grecia al fianco degli insorti contro il dominio ottomano, 21 aprile 1824.

Per ricordare queste presenze di fuoco e fiamme (e amore), il LericiPea ha anche inaugurato un «Premio Angloliguria» per scrittori di lingua inglese naturalizzati liguri, finora andato all’irlandese William Wall e al poeta laureato britannico Simon Armitage. Quest’anno, il 9 agosto, sarà la volta di Julian Stannard, un inglese che ha fatto di Genova e dintorni la sua musa esotica, vedi Sottoripa. Poesie genovesi. Dove scrive: «Dopo che andò in paranoia / al Savoia / portai Gloria / all’Astoria» (Riviera Blues). Grazie ai poeti anche per le loro beffe.

Ultima ma non minore avvertenza: Chandra Candiani, Stefano Dal Bianco e Massimo Morasso sono i finalisti al Premio LericiPea 2024 per una raccolta edita. Il vincitore, votato da una giuria nazionale, sarà premiato il 7 giugno nell’ambito del Festival Internazionale di Poesia di Genova, a sua volta giunto alla trentesima edizione.