L’epoca dei tagli lineari, ha detto ieri il presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino nella relazione sul rendiconto 2012, si può considerare conclusa. Il risanamento dei conti pubblici «è riuscito» ha sostenuto il procuratore generale Salvatore Nottola, ma ha compresso i redditi medio-bassi e ridotto i consumi. In altre parole ha aumentato la diseguaglianza e confermato che quella in atto è una lotta di classe dei ricchi contro i poveri e il ceto medio proletarizzato. Il paradosso di un «risanamento» che peggiora la crisi è la cifra della politica classista dell’austerità, più volte denunciata da chi si è opposto al saccheggio delle risorse pubbliche compiute da Tremonti a partire dal 2008 e poi da Monti nel suo interregno «tecnico». La conferma giunge da un organo ufficiale dello Stato che attesta una realtà più volte denunciata dal Nobel per l’economia Krugman: l’austerità imposta dalla Troika sin dall’inizio della recessione (il 2008, non il 2011 come ancora si ripete) «ha generato anche effetti depressivi su un’economia già in difficoltà e in forte recessione». Il presidente delle Sezioni riunite della Corte, Rita Arrigoni, ha aggiunto che la recessione sta erodendo il «potenziale produttivo», mentre il Pil nel 2012 è regredito al di sotto di quello del 2009. La pressione fiscale è aumentata dal 42,6% al 44%, complicando le speranze di soddisfare i «severi» obiettivi europei del pareggio di bilancio. Insomma, una pietra tombale sulla stagione montiana accolta con lustrini e fanfare e chiusa con imbarazzo, quasi che fosse un ospite indesiderato e non la terza gamba del governo delle «larghe intese» che si misura ancora con un altro comandamento dell’austerità europea. La Corte dei Conti non lo dimentica e infatti scandisce, parola per parola: «La revisione e la razionalizzazione della spesa e degli apparati pubblici è indifferibile». Cioè, la spending review sulla spesa pubblica deve continuare ripensando «alle modalità di prestazione dei servizi pubblici in relazione alle aspettative dei cittadini». Ma per farlo, ecco la novità, bisogna rimpensare «l’intervento pubblico in economia» e spostare la revisione della spesa sul lungo periodo. Un auspicio quasi neo-keynesiano, non si sa quanto gradito alla Troika che non lascerà respirare il governo Letta di cui la Corte loda l’impegno per «i giovani e l’ambiente»