Nel manifesto della Public History italiana si legge: «La crescita di una piena e consapevole cittadinanza passa attraverso una più diffusa conoscenza del passato, che consenta il superamento dei pregiudizi e delle paure che vanno moltiplicandosi nella contemporaneità». Questo principio rientra tra i cardini del progetto del nuovo Museo del Risorgimento Leonessa d’Italia di Brescia.

Riaprire un museo dedicato all’epoca risorgimentale oggi è una sfida sotto molteplici punti di vista. Il rapporto tra la discussione scientifica attorno a questo periodo storico e la sua immagine nella narrazione pubblica è tutt’altro che lineare: il Risorgimento è spesso percepito come mito polveroso, o per contro eletto, attraverso semplicistiche manipolazioni ideologiche, a momento fondativo dell’identità italiana.

La (ri)scoperta della complessità del processo storico, politico e culturale del Risorgimento può fungere da innesco per un confronto attivo e costruttivo sull’eredità ricevuta, ancor più in un momento nel quale l’idea di italianità è sottoposta alla sfida dell’integrazione con culture diverse. Assodata l’importanza dell’esplorazione delle ragioni, degli eventi, della pluralità di voci e idee che hanno contraddistinto il percorso dell’unificazione, restano alcune domande alle quali rispondere. Come raccontare questo momento storico? Come adattare una collezione museale dalla connotazione tradizionale ai bisogni di una società in continua trasformazione?

Nell’elaborazione del progetto museologico sono state prezioso riferimento le buone pratiche attuate negli ultimi anni dai musei storici, che hanno ripensato profondamente le modalità di valorizzazione del proprio patrimonio materiale. Il nuovo Museo bresciano evolve da contenitore apologetico di oggetti a luogo di narrazione: un ecosistema integrato di reperti storici, opere d’arte, che insieme restituiscono il nostro immaginario dell’epopea risorgimentale, e nuovi contenuti multimediali. Da questa suggestiva alchimia nasce l’ «attivazione» del visitatore, e lo stimolo a sviluppare l’historical thinking, per leggere le questioni del presente a partire da un’analisi critica del passato.

Il percorso espositivo è stato costruito a partire dal racconto storico risorgimentale, allargando l’orizzonte ad ambiti di ricerca ormai consolidati, come la storia culturale, la storia dei diritti e la storia della mobilità sociale. L’Ottocento, inoltre, costituisce un terreno fertile per riflettere sulla costruzione delle identità nazionali e delle questioni di genere. Nel corso del Risorgimento, infatti, furono definiti gli «ingredienti» dell’italianità caratterizzanti i nuovi modelli di «soggetti nazionali», sia maschili che femminili, nonché le nette divisioni dei ruoli. Le italiane presero parte alla causa nazionale in ambito tanto privato, quanto pubblico. La recente storiografia si è impegnata nel rivelare la parzialità di una storia tradizionalmente narrata da uomini, recuperando memorie e vicende biografiche femminili a lungo rimaste nell’ombra.

All’interno della rinnovata narrazione del Museo si propongono quindi figure, di rilevanza locale e nazionale, le cui esperienze di vita documentano la molteplicità degli ambiti nei quali si concretizzò la partecipazione delle donne al processo risorgimentale: dal confezionamento di oggetti propagandistici, come la bandiera tricolore realizzata da Francesca Lechi per i congiurati della rivoluzione bresciana del 1797; alla gestione di salotti culturali e politici, fucine di idee e patriottismo, come quello di Ermellina Maselli Dandolo; alla costruzione delle barricate e alla presa delle armi durante le Dieci giornate del 1849, come fece Angela Contini; e infine all’organizzazione dell’assistenza ai feriti, come nel caso di Carolina Santi e della figlia Felicita Bevilacqua.

Il Museo presenta inoltre il Risorgimento come oggetto di indagine sul processo di definizione della memoria collettiva, illustrando la costruzione del mito nazionale e gli esiti di lungo termine del richiamo alla memoria risorgimentale. L’arco cronologico documentato si spinge oltre il lungo Ottocento e giunge fino alla contemporaneità, avendo come punto di approdo la promulgazione della Costituzione repubblicana. Le dimensioni della storia locale e nazionale si coniugano con quella europea, rendendo il Museo un luogo di riflessione sul passato e sulle sue influenze nel nostro presente. In conformità con quanto stabilito dalla Convenzione di Faro, l’intento finale è quello di promuovere «una società fondata sul rispetto per i diritti, la democrazia e lo Stato di diritto».

* Giulia Paletti, storica dell’arte, Museo del Risorgimento Leonessa d’Italia