I festival lirici estivi sono spesso a tema. Il tema è spesso un contenitore astratto e piuttosto pretestuoso confezionato attorno a stendardi come amore, vendetta, fratellanza ecc. Il Macerata Opera Festival, alla sua 58esima edizione, grazie all’apertura del sovrintendente Luciano Messi e all’intelligenza del nuovo direttore artistico Paolo Pinamonti, che ha già ricoperto lo stesso ruolo al Teatro la Fenice di Venezia, al Teatro São Carlos di Lisbona, al Teatro de La Zarzuela di Madrid e al Teatro di San Carlo di Napoli, si è liberato del pretesto tematico e ha trovato una sua chiara e suggestiva cifra identitaria in un dispositivo estetico che accomuna senza forzature le tre opere in cartellone. Preceduta di un mese dalle proiezioni dei film Tosca (Koch, 1941), La Tosca (Magni, 1973) e Avanti a lui tremava tutta Roma (Gallone, 1946), Tosca di Giacomo Puccini (regia di Valentina Carrasco), in scena dal 22 al 31 luglio, si svolge in un set cinematografico anni Cinquanta.
Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini (regia di Daniele Menghini), in scena dal 12 al 21 agosto, è ambientato in uno studio televisivo in cui si prepara un reality show. Pagliacci di Ruggero Leoncavallo (regia e scenografia di Alessandro Talevi), in scena dal 5 all’11 agosto, è ambientato, come da libretto, a Ferragosto nella piazza del paesello calabrese di Montalto, in cui un «teatro di fiera» mette in scena la «commedia» Pagliaccio, alla quale si aggiunge, nell’idea di Talevi, che ha rielaborato uno spettacolo creato per lo Sferisterio nel 2015, la proiezione di un film (in realtà si tratta di un montaggio di film delle origini).

L’esecuzione dell’opera è inoltre preceduta dalla proiezione sul muro dello Sferisterio, sullo stesso schermo sul quale vengono proiettati i film di Pagliacci, del film muto The Circus (1928) di Charlie Chaplin

L’ESECUZIONE dell’opera è inoltre preceduta dalla proiezione sul muro dello Sferisterio, sullo stesso schermo sul quale vengono proiettati i film di Pagliacci, del film muto The Circus (1928) di Charlie Chaplin, nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna e con la prima esecuzione dal vivo della colonna sonora originale ripristinata da Timothy Brock, specialista di queste operazioni di recupero di musica per il cinema. «È sorprendente constatare – dice Brock – come tutti i cinquantuno brani si accordino perfettamente alle sequenze di immagini. Nella colonna sonora s’incontrano tipi diversi di musica, cólta e leggera: Edvard Grieg vi si alterna a Scott Joplin, Wagner a Irving Berlin, Leoncavallo (proprio Pagliacci) a Gaston Borch. È probabile che qualche anno dopo Chaplin certe scelte non le avrebbe più fatte: con Luci della città, del 1931, cominciò a comporre personalmente la colonna sonora dei propri film, e il suo gusto e la sua sensibilità musicali subirono una decisa evoluzione».

MENTRE DIRIGE la colonna sonora di The Circus con grande attenzione alla sintassi vivacissima del film, che a quasi un secolo dalla sua prima proiezione mantiene intatto tutto il suo fascino allo stesso tempo indiavolato e tenerissimo, Brock dirige Pagliacci cercando di smussare gli eccessi esecutivi tipici della tradizione verista, sia sul piano orchestrale, staccando tempi spesso rallentati, sia sul piano vocale, facendo a meno dei soliti sgorbi (singhiozzi, risate crasse ecc.). A loro agio e convincenti appaiono i cantanti Fabio Sartori (Canio), Fabián Veloz (Tonio), David Astorga (Peppe) e Tommaso Barea (Silvio); si muove spaesata Rebeka Lokar (Nedda). Nell’insieme il risultato, che colpisce nel segno, è un cantiere di riflessione sullo spettacolo come strumento di rappresentazione del mondo, in una prospettiva decisamente cross-mediale, dove l’antenato palco ospita figli (cinema) e nipoti (tv), nel tentativo di parlare e far dialogare tutte insieme le lingue della contemporaneità.