Si sono chiusi ieri i primi colloqui indiretti tra i due governi libici di Tobruk e Tripoli in Marocco con la mediazione delle Nazioni unite.

Secondo l’inviato Onu, Bernardino Léon ci sono stati dei progressi nei colloqui perché entrambe le parti si sono dette pronte a fronteggiare l’avanzata degli islamisti sedicenti Stato islamico (Isis) nel paese. Nei tre giorni di incontri si è parlato della possibilità di formare un governo di unità nazionale e di mettere in sicurezza i giacimenti petroliferi di al-Mabruk e Dhahra, a sud di Sirte, presi di mira dai jihadisti. Proprio a Rabat, per la prima volta, i delegati dei due parlamenti avrebbero avuto un breve faccia a faccia.

I primi a sfilarsi dai negoziati erano stati due settimane fa i militari filo-Haftar di Tobruk che hanno anche violato il cessate il fuoco unilaterale, dichiarato dal parlamento della Cirenaica, bombardando l’aeroporto di Tripoli. I colloqui riprenderanno la prossima settimana in Algeria, alcune riunioni si terranno anche a Bruxelles. Secondo Léon, per il deteriorarsi delle condizioni di sicurezza, sarebbe necessario prima di tutto un «blocco navale» per mettere sotto controllo le coste libiche.

Venerdì il direttore di Frontex aveva avvertito della possibilità che gli sbarchi di migranti si potrebbero accrescere esponenzialmente nelle prossime settimane. Ma Léon è andato oltre, chiedendo all’Unione europea di presidiare le coste libiche insieme alla marina militare italiana che la scorsa settimana si è avvicinata al litorale libico. Se i colloqui in Marocco dovessero fallire, Italia, Francia, con il sostegno russo, potrebbero appoggiare un secondo intervento militare in Libia al fianco di Khalifa Haftar, il generale, appoggiato dall’Egitto, che da mesi tenta invano di raggiungere Tripoli dalla Cirenaica.