La pratica delle inchieste “atomizzate” non è certo nuova: fra i magistrati della pubblica accusa c’è da molto tempo una “franca discussione”, in privato, su un meccanismo formalmente legittimo ma che finisce, spesso a causa delle decisioni di questo o quel giudice (ad esempio sulla competenza territoriale), per smembrare indagini anche molto delicate. Nel caso della procura di Arezzo invece quello che colpisce è l’atomizzazione di partenza: perché la tranche di indagine che riguarda la vendita nel 2013 di sub-obbligazioni alla clientela di sportello, quella ricordata dal quotidiano “La Verità” e che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di Pier Luigi Boschi, è stato il detonatore dell’intero affaire Banca Etruria.

Torniamo al dicembre 2015, pochi giorni dopo il decreto salvabanche del governo Renzi. Quello del bail-in di Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti. Il meccanismo stritola, fra gli altri, 1.600 fra piccoli azionisti e sub-obbligazionisti di Etruria, che all’epoca non hanno più speranza di riavere i loro soldi. Fra questi il pensionato Luigi D’Angelo, di Civitavecchia, al quale sono stati venduti truffaldinamente titoli subordinati per 90mila euro e 20mila euro di azioni, modificando il suo profilo di rischio. L’uomo, dopo aver perso i risparmi di una vita, si suicida. Sul caso indaga la procura locale, l’eco della tragedia diventa subito nazionale.
Si anima la procura di Arezzo, che in pochi giorni apre ben sei inchieste su Etruria. Oltre quella sulla bancarotta, spiccano quella per insider trading sui 228 milioni usciti dalle casse di Etruria nelle settimane precedenti il decreto, e appunto quella sulla truffa ai risparmiatori per le sub-obbligazioni. Curiosamente però questa inchiesta, già arrivata a processo, chiama in causa solo direttori di filiale e impiegati.

Bontà sua, all’apertura del processo nel settembre scorso la procura guidata da Roberto Rossi invia dei nuovi documenti: “Un supplemento d’indagine – annotano i quotidiani locali – sugli accertamenti ancora in corso su una ‘cabina di regia’ che dentro la banca avrebbe spinto per piazzare quei bond subordinati a investitori senza profilo di rischio adeguato”.

Un’ipotesi? Una certezza. Già il 9 maggio 2016 la Consob, finita anch’essa sotto accusa da parte dei risparmiatori, scarica le responsabilità sulle banche: “Sono in corso accertamenti – puntualizza Giuseppe Vegas – in ordine al rispetto delle regole di condotta nel collocamento di questi prodotti alla clientela retail”. I “prodotti” sono le due emissioni del 2013, per 110 milioni, che nell’agosto scorso portano la Consob a multare per 2,66 milioni complessivi 17 ex amministratori di Etruria. Fra questi Pier Luigi Boschi, all’epoca consigliere, multato per 120mila euro. Sarà un caso, ma il giorno dopo le multe “ambienti giudiziari aretini” – scrive così il Corriere della Sera – avvertono che Boschi senior va verso l’archiviazione dei suoi procedimenti.

Di più: sempre in quel 9 maggio 2016, la procura di Arezzo, forse pungolata dai colleghi di Civitavecchia andati ad acquisire documenti alla banca, annuncia che i vertici di Etruria ordinarono la vendita delle sub-obbligazioni anche alla clientela di sportello con basso profilo di rischio. Tutte cose peraltro denunciate, già mesi prima, dai clienti spennati e dalle loro associazioni. Ancora di più: tutte cose che erano state messe, all’epoca, sul sito di Banca Etruria.

Eppure la procura di Arezzo va piano. Pianissimo. Solo dopo le multe della Consob, dunque 15 mesi dopo, fa sapere che si sta continuando a indagare. E’ il “supplemento” – con l’iscrizione al registro degli indagati anche di Pier Luigi Boschi – con il reato ipotizzato di falso in prospetto, cui si aggiunge quello di accesso abusivo al credito. Tranquilli comunque: alcune settimane fa i magistrati di Arezzo hanno chiesto una ulteriore proroga delle indagini.