Il progetto prende corpo durante la Seconda guerra mondiale, mentre l’offensiva tedesca minaccia l’esistenza stessa dell’Unione sovietica e l’esperienza staliniana ha ormai cancellato anche il ricordo dello spirito del 1917. Dapprima messo al riparo dai nazisti, il corpo imbalsamato di Lenin – morto il 21 gennaio 1924 -, sottratto anche alle autorità sovietiche, fungerà da simbolo per una piena rigenerazione delle idee che ne avevano guidato l’azione in vita. Un pugno di ex militari, militanti e figure in odore di dissidenza agli occhi del potere moscovita, vuole dare vita ad una nuova esperienza: la repubblica della Leninesia che vedrà la luce nel 1943 nell’estremo nord della Russia con l’obiettivo dichiarato di garantire agli esseri umani non solo la soluzione dei loro problemi terreni, ma anche la ricerca dell’immortalità. La storia che racconta Francesco Pala in L’ultimo viaggio di Lenin, il romanzo vincitore del premio Neri Pozza 2023 e che arriva oggi in libreria per i tipi dell’editore vicentino (pp. 256, euro 18), sembra mettere insieme ucronia e indagine culturale, una propensione all’avventura e il gusto per la ricerca nel campo delle idee. Pala, nuorese, studioso del pensiero postmoderno, già autore del romanzo DDR-Dominio della resa (Bibliotheka) intreccia con un’estrema eleganza narrativa e una grande maestria teorica il piano della storia culturale e politica russa, l’evocazione di una dimensione esoterica e mistica con il grande gioco della letteratura fantastica attraverso l’itinerario di un pugno di «asceti socialisti» che immaginano di dare letteralmente nuova vita ad un mondo ormai perduto.

Trafugare le spoglie di Lenin e fondare una nuova repubblica che cerchi di evitare l’incubo che ha preso nel frattempo forma in Urss con Stalin… quale lo spunto da cui nasce il romanzo?
Dall’idea di un gruppo di uomini dominati da una forte passione ideale, quasi mistica, intenzionati a donare al corpo di Lenin una nuova vita e pronti a tutto pur di sottrarlo al ruolo di mero simbolo della conservazione voluto per lui da Stalin. Ho pensato alla reazione del «Piccolo padre», costretto a inseguire le spoglie dell’amato nemico, ancora una volta pronto ad ostacolare il suo potere e proprio nel momento del supremo pericolo, con le truppe naziste alle porte. Ho immaginato che questo gruppo di uomini, riuniti in una rete occulta, esoterica, potesse tentare l’impossibile, fondare la Repubblica popolare di Leninesia, basata su un progetto di vasta portata: realizzare il comunismo dell’immortalità, capace di sconfiggere la morte e restituire la vita ai defunti. Quanto di più lontano dal cinismo pragmatico di Stalin. Un oltraggio al suo realismo.

Tra coloro che tenteranno l’impresa, si ha la sensazione di poter scorgere delle figure storiche o che ricordano personaggi storici o letterari, chi sono e come ne ha costruito i profili?
Rispetto ai partecipanti a quello che verrà definito come «il Grande viaggio» e che condurrà alla fondazione della Leninesia, non saprei indicare un riferimento diretto a figure storiche perché i miei personaggi nascono da un concatenamento di gesti, visi, corpi, inclinazioni, che attinge di certo alla storia del comunismo, ma anche alla mistica, alla filosofia, alla vita, per cui ogni partecipante è il risultato di una miriade di frammenti che si sono combinati attraverso il processo creativo, senza un intento predeterminato. Di certo, è forte la presenza di Antonio Gramsci, uno degli uomini e dei pensatori più grandi del nostro tempo, ma esclusivamente sul piano intellettuale.

Durante la missione in Leninesia di un inviato di Mosca ha luogo un colloquio con un rappresentante della piccola repubblica che mette in evidenza come a fare la differenza con l’Urss non sia solo l’accento posto sugli aspetti considerati «sovrastrutturali» nella dottrina marxista, ma anche le «teorie esoteriche celato dietro le teorie essoteriche» su cui si fonda quell’esperienza. Di cosa si tratta?
Si allude al nucleo caldo dell’impresa leninese: la realizzazione dell’immortalità per via scientifica. L’autentica scalata verso l’impossibile che distingue gli asceti leninesi dai burocrati sovietici. Il vero obiettivo che rapisce i protagonisti fino all’invasamento, alla perdita di sé e non lascia spazio per i compromessi con il presente e le sue urgenze.

Le radici della vicenda che prende forma nel romanzo sono custodite in un libro misterioso, un testo mistico stampato in soli due esemplari, l’«Itinerarium mentis in Lenin». Senza svelarne il contenuto e il possibile autore, cosa ci può dire di entrambi?
L’Itinerarium mentis in Lenin percorre per intero il romanzo come un segreto di cui i personaggi subiscono il fascino magnetico. Esiste in sole due copie per cui è destinato ad una lettura collettiva a cui possono partecipare solo gli iniziati. È un omaggio alla civiltà del libro, ai testi che possono cambiare il destino e, allo stesso tempo, agli uomini che credono nella potenza redentiva della lettura e si affidano al suo mistero. L’Itinerarium contiene gli insegnamenti spirituali e scientifici che dovranno portare a edificare la Leninesia. Non è un testo religioso. Il suo autore è anch’esso avvolto nel mistero, entra nelle vite degli uomini e ne cambia il corso.

Perché ha scelto che la salma di Lenin, trafugata dai fondatori della Leninesia, fosse custodita proprio nella Casa di destinazione speciale di Sverdlovsk dove, dopo la rivoluzione del 1917 furono uccisi l’ex zar Nicola II e la sua famiglia?
Ho voluto dare voce al potere evocativo e simbolico dei luoghi, al carisma di realtà apparentemente inerti, alle finestre che hanno visto, ai muri che hanno percepito sui loro intonaci induriti il tocco della storia, ai pavimenti che hanno sostenuto il peso di passaggi drammatici.

Il simbolo della nuova repubblica che intende «vincere la fame ma anche la morte» è un cerchio che ricorda un serpente con all’interno falce e martello: gli antichi simboli dell’eternità del cosmo e quelli della moderna «invenzione» socialista?
Esatto, per simboleggiare l’antichità della sfida contro il tempo lineare e irreversibile, condotta però con gli strumenti della più importante e controversa passione del Novecento.

Nata durante la Seconda guerra mondiale, la Leninesia appare destinata a seguire la deriva dell’Urss – proprio ciò da cui voleva prendere le distanze, a partire dallo stalinismo -, solo vent’anni più tardi. Cosa è andato storto?
Il romanzo cerca di mettere in luce la complessità del rapporto tra la potenza ideale delle aspirazioni umane, e la loro traduzione in forme di potere che cerchino di realizzarle. Le passioni politiche sono contagiose e vivificanti quando nascono, ma il potere non ha mai mani lievi che le accompagnino.

Nel libro compare la figura del filosofo Pavel Florenskij, fucilato nel 1937, già legato a Bulgakov che fu esiliato dalla Russia sovietica nel 1922 sulla famosa «nave dei filosofi» per decisione di Lenin. Se oggi alcuni degli esiliati, i più reazionari, sono «recuperati» da Putin, si ha l’impressione che forse la storia dell’Urss sarebbe stata diversa se quella nave non fosse mai salpata…
Mi viene in mente il monologo contenuto nello splendido film di Andréj Tarkóvskij, Stalker (1979): «La debolezza è potenza, e la forza è niente. Quando l’uomo nasce è debole e duttile, quando muore è forte e rigido». Lo stesso discorso vale per i sistemi politici, «la nave dei filosofi» salpò per volontà di un regime che aveva già perso la sua gioventù.

Durante il viaggio attraverso la memoria che compie il protagonista di «Lo sguardo di Ulisse» (1995) di Theo Angelopoulos, ad un certo punto assiste al passaggio di un’enorme statua di Lenin trasportata sul Danubio: per il regista quello sembrava una sorta di difficile commiato, per lei cosa rappresenta questo libro?
Ricordo bene la splendida immagine a cui fa riferimento e sono d’accordo, Angelopoulos mette in scena un addio. I miei personaggi attraversano un «Grande viaggio» dentro le possibilità inespresse e misteriose del futuro, andando incontro alle incognite e ai pericoli di un cattivo risveglio che la storia riserva a chi spinge la forza dei propri ideali fin dentro la soglia di un sogno.

Incontri in libreria

Francesco Pala sarà impegnato in una serie di presentazioni del suo romanzo «L’ultimo viaggio di Lenin», tra i prossimi appuntamenti: sabato 20 gennaio a Roma alla Libreria Feltrinelli Libia alle ore 17 con il giornalista Pasquale Chessa e il 27 gennaio a Milano alla libreria il Trittico alle ore 11,30