È il 15 agosto 2015. Il Leicester City ha appena battuto il West Ham al Boleyn Ground, rimanendo così a punteggio pieno dopo le prime due giornate di campionato. La leggenda delle Foxes e della nazionale inglese Gary Lineker, ormai stimato commentatore televisivo della BBC, nel post-partita rivolge una domanda a Claudio Ranieri. Gli chiede se quest’anno il Leicester riuscirà finalmente a qualificarsi per le competizioni europee. L’ex tecnico della Roma risponde senza troppi giri di parole: «no, non è possibile». Lineker, che solo qualche settimana prima aveva definito la scelta delle Volpi di affidarsi al tecnico romano «mediocre», non insiste, probabilmente in cuor suo dichiarandosi soddisfatto già di un tranquillo campionato di metà classifica.
Otto mesi dopo la compagine delle Midlands è ancora impegnata in trasferta. Questa volta contro il Sunderland, impelagato nella lotta per non retrocedere e quindi assetato di punti. Allo Stadium of Light, sorto lì dove prima c’era una miniera, i ragazzi di Ranieri faticano come matti, ma alla fine escono vincitori grazie a una splendida doppietta del bomber Jamie Vardy. Il 2-0 arriva in pieno recupero. Vardy parte dalla sua metà campo, scarta il portiere e insacca a porta vuota. Una roba alla Ronaldo, il fenomeno. I 4mila che si sono sobbarcati con piacere i 300 chilometri di viaggio per sostenere la capolista della Premier sono in delirio. Sulle note dell’intramontabile Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno inneggiano al loro condottiero, mister Ranieri da Testaccio, che al fischio finale va sotto il settore ospiti. Il sor Claudio vede la gioia, l’estasi dipinte nei volti dei ragazzotti vestiti in impeccabile stile casual, delle famiglie con il papà un po’ sovrappeso e i bimbi con la maglietta delle Foxes e delle vecchiette avvolte nelle sciarpe di lana bianca e blu fatte in casa. Il sor Claudio proprio non ce la fa a trattenere le lacrime.

«I nostri supporter sono incredibili, li volevo ringraziare» dirà nel post-partita. Forse è quel pomeriggio, nel nord-est dell’Inghilterra, che capisce che il titolo rincorso per una vita sui campi d’Italia, Inghilterra, Francia e Spagna non gli può più sfuggire. Quelle appena citate sono sole due delle mille istantanee di una campagna, quella del 2015-16, destinata a entrare per la porta principale nella storia del calcio inglese. Anzi mondiale. All’inizio nessuno, a partire evidentemente da Ranieri, pensava che un tale miracolo sportivo si potesse realizzare.

Forse nemmeno quei fedelissimi che avevano scommesso una manciata di sterline sul Leicester campione la scorsa estate, beneficiando di una quota stratosferica, a tre zeri. In un football molto polarizzato come quello inglese, dove da oltre un decennio le big londinesi e di Manchester avevano il monopolio pressoché assoluto delle prime 4-5 posizioni in classifica, c’era bisogno di una ventata di novità e una sana alternanza, di una bella favola da raccontare per i decenni a venire. E così il calcio d’oltre Manica si è esibito in un graditissimo colpo di coda, in un romantico ritorno al passato fatto sì di grandi squadre che facevano incetta di campionati, ma in cui le sorprese non mancavano mai e l’incertezza non era merce rara. Le provinciali e gli underdog, pensiamo al Burnley e all’Ipswich negli anni Sessanta o a Derby e Nottingham Forest nei Settanta, riuscivano a fare la voce grossa, a sbaragliare la concorrenza.

Quando non vincevano almeno battagliavano fino alla fine, vedi alla voce Watford, Queens Park Rangers o Southampton. Nel calcio moderno sempre più gentrificato è cambiato tutto. Adesso in Inghilterra e nel resto dell’Europa che conta l’élite pallonara costituisce un club esclusivo, inaccessibile, i cui membri sono macchine da soldi con dietro i fondi sovrani del Golfo o le fortune smisurate di miliardari di mezzo mondo. Chissà se lo sgarbo del Leicester, che farà il suo ingresso in Champions League dalla porta principale, darà l’innesco allo scisma della Super League. Ovvero il campionato «ristretto» dei più ricchi team continentali di cui si vocifera ormai da anni. Staremo a vedere. Intanto godiamoci questo momento quasi unico.

Per la verità anche le Volpi delle Midlands hanno un proprietario straniero: il ricchissimo thailandese Vichai Srivaddhanaprabha, a capo del gruppo di negozi duty free King Power – brand che dà il nome allo stadio del Leicester e che compare sulle sue maglie. Le stesse Foxes non se la passano malaccio economicamente, visto che dovrebbero chiudere il 2015-16 con introiti intorno ai 160 milioni. Più o meno quanto ha incassato l’Inter, tanto per intenderci. Srivaddhanaprabha ha acquistato il club nel 2010, quando era appena risalito dalla terza serie, il nadir di una storia illustre ma povera di trofei (sole tre Coppe di Lega, quattro finali di FA Cup perse e un secondo posto in campionato nel lontanissimo 1928-29). Sembra che per tornare in Premier il Leicester abbia aggirato le severe regole sul fair play finanziario imposte dalla Championship (la Serie B inglese), ma su questa vicenda è ancora in corso un’indagine ufficiale. Ciò detto, non immaginatevi campagne acquisti faraoniche.

Dalle parti del King Power Stadium i soldi sono stati spesi in maniera oculata. Anche troppo all’apparenza. Una manciata di milioni per gli scarti delle grandi e per talenti che chissà se sarebbero mai sbocciati. Tutto sbagliato? No, tutto giusto. I brutti anatroccoli si sono trasformati in cigni. Come i due reietti del Manchester United, Danny Simpson e Danny Drinkwater, diventati perni di difesa e centrocampo. O Kasper Schmeichel, mandato via senza troppi rimpianti dall’altra metà di Manchester, che ora ricorda in tutto e per tutto papà Peter. O ancora Marc Albrighton, di cui l’Aston Villa si è sbarazzato volentieri. I Villans sono retrocessi, lui si è rivelato una pedina fondamentale nello scacchiere di Ranieri. Così come fondamentali per il catenaccio 2.0 dell’allenatore romano sono stati i due centrali del reparto arretrato: Wes Morgan e Robert Huth. Due lungagnoni che quest’anno sembravano la versione inglese del duo Baresi e Costacurta. E poi ci sono le stelle. Il francese N’Golo Kanté sembra uscito da un cartone animato giapponese. Corre come un pazzo, lo trovi ovunque e scardina palloni come un novello Vieira. Il franco-algerino Riyad Mahrez invece è quello dai piedi fatati. Ha sfornato assist e goal in quantità industriali, tanto da meritare il premio di giocatore dell’anno.

E pensare che fu preso quasi per caso in quel di Le Havre. Il capo degli scout delle Volpi Steve Walsh era andato a vedere tale Ryan Mendes, ora in forza al Nottingham Forest nella divisione cadetta. Si innamorò di Mahrez tanto da portarlo nelle Midlands. In quel momento iniziò a germinare il miracolo Leicester. Infine c’è Jamie Vardy. Con quella faccia da schiaffi sembra uno dei personaggi di The Football Factory di John King. In effetti nel suo passato c’è una condanna per una rissa in un pub. Poi ci sono montagne di reti per club semi-professionistici, che ha frequentato fino a quattro anni fa. Il resto è storia, tanto che sull’eroe più improbabile di questa folle annata c’è già chi sta progettando un film. Ora si parla di Zac Efron come dell’attore candidato a impersonarlo nella pellicola e addirittura di Robert De Niro come possibile contraltare cinematografico di Claudio Ranieri. L’ex difensore del Wimbledon Vinny Jones, già visto in vari film, dovrebbe essere Nigel Pearson. Un po’ di merito va dato anche a lui per quanto successo negli ultimi mesi.

È stato Pearson a riportare il Leicester in Premier dopo 10 anni di assenza e soprattutto a iniziare la magica cavalcata che, da una retrocessione quasi certa nel 2014-15 (sì, perché a completare questa favola moderna di Cenerentola c’è pure questo elemento…), ha condotto le Volpi sul trono d’Inghilterra. Una storia degna di Hollywood, che richiama alla memoria un film del 1986 intitolato Hoosiers – Colpo Vincente. In quel caso a sbriciolare ogni pronostico fu un manipolo di ragazzetti che giocava a basket negli anni Cinquanta nello stato dell’Indiana. Più che di una trasposizione cinematografica, che temiamo non sarà eccelsa, sarebbe stato bello che a raccontarci a modo suo l’impresa del Leicester fosse stato, con la sua maestria inimitabile, il grande Eduardo Galeano. Ma chissà, forse dopo The Damned United e Red or Dead ci penserà David Peace a narrare l’epopea di sor Claudio e della sua banda di ragazzi terribili.