Toglie respiro alle foreste, mette a rischio la vita delle popolazioni rurali, manda in tilt i bilanci pubblici e ingrassa la criminalità. Si chiama illegal logging, ovvero disboscamento illegale, ed è una piaga planetaria, che si aggiunge agli incendi, al cambio di uso del suolo (coltivazioni intensive al posto di foreste) e ai mutamenti climatici. Si verifica quando il legname viene prelevato, trasportato, acquistato o venduto in violazione alle leggi nazionali o comunitarie.

SECONDO IL REPORT ELABORATO dal Basel Institute on Governance (Big) – centro di ricerca indipendente fondato all’Università di Basilea con l’obiettivo di prevenire e contrastare la corruzione – il commercio di legno illegale genera un giro d’affari di 150 miliardi di dollari l’anno e riguarda il 30% del legno commercializzato nel mondo. Un traffico che fa il giro del globo, incrocia vittime e carnefici, dal Sudamerica alla Cina fino alle Filippine, passando per l’Europa e l’Africa.

IL LEGNO PIU’ SOGGETTO al commercio illegale sarebbe – sempre in base al report di Big – è il palissandro, particolarmente pregiato e utilizzato per prodotti di alta gamma quali strumenti musicali e oggetti di design. Per quanto riguarda gli acquirenti, la maglia nera, riporta il quotidiano britannico The Guardian, va alla Cina. Mentre la provenienza della maggior parte del legno illegale è l’area amazzonica del Brasile. Il Paese sudamericano ha perso – racconta lo spagnolo El Mundo – 1,62 milioni di ettari di superficie forestale. Al seguito di un’inchiesta che ha portato al sequestro di una quantità di legno illegale pari al valore di 25 milioni di dollari, a giugno è stato costretto alle dimissioni Riccardo Sales, ministro all’Ambiente brasiliano e fedelissimo del presidente Jair Bolsonaro, accusato di aver ostacolato un’indagine della polizia federale sul disboscamento illegale in Amazzonia e di aver concesso il nulla osta all’esportazione di carichi di legname verso gli Usa e l’Europa.

MA IL BRASILE NON E’ CERTO L’UNICA AREA in deficit. Ne sanno qualcosa pure le isole del Pacifico. Un albero abbattuto illegalmente nelle foreste della Papua Nuova Guinea o nelle Isole Salomone può finire in forma di parquet in un soggiorno di Sydney o di libreria a Milano come a Seattle. E, spesso, a fare da tramite tra i tropici e l’Occidente ci sono navi e fabbriche cinesi. L’ong britannica Earthsight in un suo recente rapporto ha messo nel mirino il colosso svedese Ikea, che avrebbe utilizzato per realizzare mobili destinati ai bambini del legno proveniente dal disboscamento illegale in Siberia. A finire sul banco degli imputati, Evgeny Bakurov, fornitore della multinazionale, che avrebbe disboscato più di quanto consentito con la scusa che le piante fossero malate. Ikea ha sospeso i rapporti con la società russa.

SU SCALA MONDIALE – in base al Global Forest Resources Assessment 2020 della Fao – sono andati persi, negli ultimi 30 anni, 178 milioni di ettari di foreste: un’area pari alla superficie della Libia. Tuttavia in diverse zone del mondo si sta assistendo a importanti quote di riforestazione e, grazie a una maggiore attenzione riservata all’ambiente, a un allargamento delle aree protette che, dal 1990 a oggi, sono incrementate di circa 191 milioni di ettari.

«QUELLA DEL LEGNO ILLEGALE è una problematica globale gravissima per la salute del pianeta, ecco perché è soltanto tracciando la provenienza del legname che possiamo essere sicuri che i prodotti che arrivano nelle linee di produzione e, da ultimo, nelle case, provengano da foreste legalmente gestite, in un’ottica di salvaguardia delle loro funzioni produttive, ambientali e sociali», spiega Orlando Fravega, il presidente di Conlegno, consorzio senza scopo di lucro, con oltre 1.300 imprese associate, nato con l’intento di tutelare il patrimonio forestale e la biodiversità nell’impiego del legno. Dal 2013 Conlegno è riconosciuto dalla Commissione europea come organismo di controllo (Monitoring Organisation) e ha raccolto molti dati sul commercio illegale. Con il marchio Legnok, il consorzio prova a contrastare la deforestazione e a promuovere legno e derivati di origine certificata. Tra i fattori predisponenti del commercio di legno illegale ci sono, «il bisogno di legno e la ricerca di prodotti più economici, un’attuazione delle normative inefficace, una governance forestale insufficiente e, soprattutto, una sottovalutazione della problematica».

NON SI POSSONO SOTTOVALUTARE le conseguenze dell’illegal logging. Ne va della sopravvivenza delle comunità. Come quella dei Pala’wan delle Filippine, la cui esistenza è strettamente legata alle foreste naturali del monte Domadoway. La loro vita è minacciata dall’estensione delle piantagioni di olio di palma e dall’estrazione mineraria. Il traffico illecito causa anche ripercussioni di natura finanziaria.

SECONDO IL PORTALE Conserve Energy Future, il commercio illegale riduce il prezzo del legno dal 7 al 16% e rappresenterebbe una grave conseguenza per i cosiddetti Paesi in via di sviluppo. Secondo l’agenzia Enact, che monitora fenomeni criminali nel continente Africano, l’Uganda perde ogni anno 9,8 milioni di dollari a causa dei mancati tributi derivanti dai prelievi legnosi illegali. La deforestazione incontrollata ha, inoltre, un impatto diretto sulle emissioni di carbonio, sul riscaldamento globale e sul ciclo dell’acqua.

ESSENDO FENOMENI che interconnettono l’intera biosfera, la scomparsa della copertura arborea nelle foreste equatoriali può causare perduranti siccità in Cina o precipitazioni eccessive, collegate a fenomeni di dissesto idro-geologico, in Europa. L’Ue, nella sua nuova Strategia forestale 2030, punta a piantare 3 miliardi di alberi nei prossimi 10 anni.