Nel guaio in cui si trovano Salvini e i 5S ci si sono cacciati da soli: il primo per la tendenza a fare il gradasso, i secondi perché ostaggi della loro stessa propaganda anticasta, tutti per non aver capito bene i termini della questione e la posta in gioco. Ieri, nella prima seduta della giunta per l’immunità del Senato, il presidente Gasparri ha provato a chiarire la reale natura del voto con cui la giunta e poi l’aula dovranno esprimersi sulla richiesta di autorizzazione a procedere contro il ministro degli Interni.

NON SPETTA ALLA GIUNTA, ha spiegato Gasparri, decidere sull’esistenza o meno di un reato. Non è questo il compito che la Costituzione assegna al Tribunale dei Ministri e alla giunta, che invece «è chiamata a valutare se l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico». In concreto la giunta deve dire se Salvini ha impedito dal 20 al 25 agosto lo sbarco dei profughi della Diciotti nell’interesse dello Stato oppure per soddisfare sentimenti personali. Non si tratta dunque di un voto sull’immunità e stando così le cose M5S non potrebbe che votare contro l’autorizzazione. Ma è una sottigliezza costituzionale sin qui sfuggita ai parlamentari a cinque stelle che devono giustificarsi di fronte al loro elettorato. Dunque i 5S si trovano ora incartati tra una propaganda che per anni ha assicurato che mai si sarebbe votato contro un’autorizzazione a procedere, e che il Pd ora impugna, e una situazione molto diversa da quelle abituali. Autorizzare il provvedimento significherebbe infatti affermare che Salvini ha agito per motivi diversi dall’interesse pubblico: a quel punto l’esito del processo sarebbe quasi segnato. E’ persino dubbio che la Corte accetterebbe le testimonianze del premier e degli altri ministri, essendo già certificato che il ministro degli Interni ha appunto agito per motivi diversi dall’interesse pubblico e di Stato.

DALL’ALTRO LATO PERÒ i pentastellati di rigida fede sono irremovibili. «Voteremo sì», insiste Sibilia. «Salvare Salvini ci costerebbe caro. Prima del contratto di governo c’è il patto con gli elettori», rincara Roberta Lombardi. «Se M5S vota contro l’autorizzazione lascio il Movimento», minaccia Paola Nugnes. Posizioni che riflettono quelle, anche più severe, di una parte dell’elettorato.

Ma i 5S iniziano a rendersi conto di non avere scelta e di dover preparare il terreno per un voto che sarà inevitabilmente preso per un voltafaccia, tanto più che lo stesso Salvini ci ha messo del suo con le improvvide dichiarazioni da “ganassa” sull’intenzione di farsi processare. «Leggeremo le carte poi decideremo«, annuncia il capogruppo in giunta Mario Giarrusso, chiarendo così che la scelta a favore del sì, sino al giorno prima certa, è ora in forse. Anzi molto in forse. «Le carte» in questione sono una memoria che Conte, Di Maio e il ministro per le Infrastrutture Toninelli si sono impegnati a consegnare per affermare ufficialmente che quella di Salvini è stata una decisione condivisa da tutto il governo. Ma Gasparri ha subito risposto che il solo interlocutore della giunta sarà Salvini, che potrà tutt’al più aggiungere l’autodenuncia collettiva del governo alla sua relazione.

SARÀ PROPRIO L’INTERVENTO di autodifesa di Salvini, scritto o più probabilmente dal vivo, in data non ancora fissata ma la più accreditata è mercoledì prossimo, il momento clou della vicenda. Il ministro insisterà sulla linea già esposta nella lettera al Corriere della Sera, l’aver cioè agito nell’interesse costituzionalmente rilevante dello Stato. Governo e maggioranza affermeranno quindi che il voto ha assunto un significato politico chiaro: approvazione o meno della linea politica del governo sull’immigrazione. Fiducia o sfiducia. Entro il 22 febbraio Gasparri promette il voto in giunta, poi in un mese, l’aula. Se M5S voterà per l’autorizzazione non succederà niente, garantisce Salvini. Meno rassicurante Fedriga: «In quel caso bisognerà ridiscutere tutto». Minimizza: in quel caso la maggioranza non ci sarebbe più. Ma l’ipotesi del sì dei 5S all’autorizzazione si fa di ora in ora più remota.