Dopo una lunga udienza pubblica dedicata anche ad altre cause, la Corte costituzionale ha deciso di aggiornare la camera di consiglio e così deciderà oggi sulla legge Merlin. A sessantuno anni dalla sua approvazione, la legge che ha introdotto i reati di induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione è arrivata per la prima volta davanti ai giudici costituzionali.

Per iniziativa degli avvocati di Giampaolo Tarantini e Massimiliano Verdoscia, sotto processo davanti alla corte di appello di Bari per le famose «cene eleganti» di Berlusconi.

Tarantini in primo grado è stato condannato a sette anni e dieci mesi per aver reclutato e accompagnato una trentina di donne negli appartamenti di Berlusconi ad Arcore e a Roma. La difesa ha sostenuto che la legge Merlin discrimina le «sex workers», coloro cioè che eserciterebbero «la professione di escort» in seguito a «una scelta libera e consapevole». Argomenti accolti come «non manifestamente infondati» dal giudice di appello e ripetuti ieri davanti ai giudici delle leggi dagli avvocati Amenduni e Quaranta.

Per loro «la legge Merlin è una legge arretrata che fa di tutta l’erba un fascio e considera tutte le forma di prostituzione uguali». L’incostituzionalità starebbe nella violazione del principio di legalità penale, per il quale non devono essere puniti i fatti non socialmente pericolosi, e dell’articolo 41 della Costituzione che tutela la libertà di iniziativa economica.

Se nel corso del processo d’Appello le difese avevano paragonato la vicenda delle escort pugliesi al caso Englaro, evocando «il principio di libertà di autodeterminazione», ieri in udienza hanno richiamato lo stesso principio evocando la recente decisione della Consulta nel caso Cappato-dj Fabo.

L’avvocata dello stato Gabriella Palmieri, che rappresenta la presidenza del Consiglio dei ministri, ha chiesto l’inammissibilità della questione, indicando però la possibilità che la legge Merlin venga interpretata «in maniera evolutiva» dai giudici di merito. Mentre l’avvocata Antonella Anselmo ha portato gli argomenti della «Rete per la parità» (non ammessa al giudizio) sostenendo che «la legge Merlin è ancora molto attuale, non interferisce sulla libertà femminile ma punisce ogni forma di business che approfitta di tale libertà ponendosi in contrasto con la dignità».