Divisa su quasi tutto, la maggioranza di governo non è lontana dall’intesa sulla legge elettorale. La prossima settimana, secondo un impegno preso un mese fa, dovrebbe vedere la luce una proposta comune: il vertice di questa sera alle venti ragionerà sulla base di un testo di legge, o di due testi alternativi, presentati dal ministro per i rapporti con il parlamento Federico D’Incà. La soluzione che si è fatta strada piano piano nelle riunione precedenti è quella considerata la «seconda scelta» da tutti i partiti, un proporzionale a base circoscrizionale del tipo di quello utilizzato in Spagna e Portogallo. Con qualche differenza: nessuna soglia esplicita (in Spagna lo sbarramento circoscrizionale è al 3%) e un numero più contenuto di circoscrizioni, più o meno a metà strada tra le 28 di oggi per la camera dei deputati e le 42 che preferirebbero i due partiti più grandi, 5 Stelle e Pd. Italia viva ha fatto qualche passo indietro rispetto alla conclusione dell’ultimo vertice, mercoledì scorso, quando si era fatta convincere dalle simulazioni presentate da D’Incà. La freddezza di Renzi verso il modello spagnolo è soprattutto tattica: non ha voglia di firmare pubblicamente con i 5 Stelle quel patto per il proporzionale che pure gli torna utile. Invidia a Salvini la posizione di chi a parole si batte per il maggioritario, ma è prontissimo ad accettare un comodo proporzionale.

Del resto le simulazioni portate mercoledì scorso dal ministro per i rapporti con il parlamento sono eloquenti. I partiti hanno guardato con attenzione quelle effettuate sulla base dei risultati delle europee del 2019, più simili alla media degli ultimi sondaggi. Con il sistema simil spagnolo, nella versione che potrebbe prevalere (36 circoscrizioni, sistema di attribuzione dei seggi del quoziente naturale corretto +1) la Lega conquisterebbe 145 seggi, il Pd 93, il Movimento 5 Stelle 79, Forza Italia 40 e Fratelli d’Italia 22 (o piuttosto il contrario, secondo i sondaggi), +Europa 8 e un’ipotetica alleanza tra la sinistra e i verdi 4 seggi. I seggi restanti sarebbero assegnati in Val d’Aosta (1) e all’estero (8). Vale a dire che il centrodestra ha a portata di mano la maggioranza assoluta ma per Salvini resta indispensabile l’alleanza con Forza Italia. Con la legge proporzionale, però, può permettersi di rimandare gli accordi alle trattative successive al voto, dopo aver tentato di fare il pieno correndo da solo.

Con questo sistema è decisiva l’ampiezza, e dunque il numero, delle circoscrizioni. Più sono piccole maggiore è la soglia di sbarramento implicita e più forte è l’effetto dis-proporzionale che avvantaggia i partiti maggiori. Conta molto anche il sistema di attribuzione dei voti. Con il D’Hondt, utilizzato in Spagna, si aggiunge un’ulteriore spinta alle liste più grandi: con questo metodo Salvini e Meloni avrebbero quasi a portata di mano la maggioranza assoluta di 201 voti nella nuova camera di 400 deputati. A risultati non molto diversi porta la simulazione effettuata con un sistema elettorale diverso, l’attribuzione dei seggi a livello nazionale con una soglia di sbarramento nazionale alta (il 4% o addirittura il 5%). In questo caso la correzione maggioritaria è data dall’esclusione di tutte le liste rimaste sotto soglia: con i risultati del 2019 entrerebbero in parlamento solo cinque partiti.

La scelta per il modello circoscrizionale, o «a sbarramento implicito» come preferisce chiamarlo il Pd – venerdì nella direzione convocata sulla legge elettorale potrebbero tornare a farsi sentire i fan del maggioritario – apre il problema delle liste bloccate. Che dovrebbero essere necessariamente lunghe o lunghissime, in qualche caso 26 nomi, soluzione però già bocciata dalla Corte costituzionale ai tempi del Porcellum. Ieri l’agenzia Ansa ha riferito che i 5 Stelle pensano al sistema svedese (ma anche olandese, belga e austriaco) delle liste flessibili per la selezione dei candidati: in pratica agli elettori è consentito cambiare l’ordine di preferenza deciso dal partito (in genere non accade). È una delle soluzioni proposte negli anni dai grillini, assieme a quella della preferenza negativa. Una soluzione più semplice per accorciare le liste, alla quale penso Pd e Leu, prevede invece la divisione delle circoscrizioni più grandi in sotto-circoscrizioni più piccole ai soli fini della selezione dei candidati, nell’ambito dei seggi assegnati alla lista in quel territorio.