A mettere in fila quelli che adesso la vogliono, la riforma della legge elettorale sembrerebbe a portata di mano. Movimento 5 Stelle (stranamente compatto in materia), Pd (idem), Leu, centristi di centrodestra (Forza Italia compresa), persino pezzi importanti della Lega si dicono adesso pronti ad adattare il sistema di voto al nuovo quadro politico. Che esce dalla rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale modificato in almeno due punti fondamentali: la scomposizione del centrodestra – «oggi ho delle difficoltà a pensare che andremo insieme alle elezioni», ha detto ieri Giorgia Meloni parlando degli (ex) alleati – e la conseguente nascita di un’area centrista. La conferma delle tante volontà e dunque della possibilità di cambiare finalmente la legge elettorale è arrivata ieri, nelle ripetute dichiarazioni in questo senso, significativamente da diverse anime del Pd. Ma la legge attuale, il Rosatellum, sarà dura a morire.

Lo è stato fin qui, malgrado a metà legislatura Pd, 5 Stelle e Leu abbiano firmato un solenne patto per gettarsela alle spalle come condizione approvare la riduzione dei parlamentari. Si sa com’è andata. La riforma costituzionale è cosa fatta, l’intervento per ridurre un po’ le distorsioni sulla rappresentatività del Rosatellum non si è più visto. Anzi, va ricordato ai tanti recenti critici del Rosatellum, che Lega e 5 Stelle, malgrado questi ultimi lo avessero giudicato «devastante per la democrazia», in questa legislatura lo hanno fatto risorgere dalle sue ceneri, approvando la leggina Calderoli che lo rende applicabile ai nuovi collegi post taglio dei parlamentari.
Dunque siamo ancora lì, al lavoro congelato da un anno e mezzo della prima commissione della camera. Dove giace il testo che introduce un sistema proporzionale con soglia di sbarramento nazionale al 5%. Una soglia molto alta, pari (applicandola al numero dei voti validi nel 2018) a un milione e settecentomila voti. Una soglia capace di escludere molti formazioni: secondo l’ultima supermedia Youtrend dei sondaggi, solo 5 partiti sono oggi sopra quello sbarramento.

Per i centristi in via di formazione potrebbe essere uno scoglio troppo alto (del resto mai applicato in Italia). La freddezza di Italia viva si spiega così, più che per la dichiarata passione per il maggioritario. È il problema dal quale si partirà. Senza, probabilmente, arrivare da nessuna parte perché il Rosatellum resta assai attrattivo per ogni leader politico che dovrà fare le liste, visto che prevede ancora quelle bloccate. Ma un passo verso il proporzionale, almeno per iniziare a parlarne, si farà certamente. Probabilmente verso una versione ritoccata con premio di maggioranza e doppio turno, qualcosa di pericolosamente vicino all’Italicum (incostituzionale). Che permetterebbe però a Letta di salvare la sua «vocazione maggioritaria» e la sua idea politica del «campo largo» alleato del Pd. E potrebbe concedere ai partiti più piccoli una soglia di sbarramento più bassa, il 4% o il