Sono i numeri ad aver favorito una schiarita nel vertice sulla legge elettorale di mercoledì sera tra i partiti di maggioranza. I numeri contenuti nelle simulazioni portate dal ministro per i rapporti con il parlamento D’Inca, dai quali viene fuori che il sistema cosiddetto spagnolo, quello cioè basato sul proporzionale e un numero elevato di circoscrizioni, è quello che scontenta meno tutte le forze politiche. Non è la prima scelta di nessuno. Il Pd, incalzato dai nostalgici del maggioritario e del bipolarismo, si era seduto al tavolo proponendo il doppio turno nazionale di coalizione. I 5 Stelle e Italia viva avrebbero preferito il proporzionale a turno unico con una soglia alta di sbarramento, tipo il 5%. Leu lo stesso sistema, ma mantenendo la soglia attuale del 3%. Il punto di caduta avrebbe potuto essere un proporzionale con sbarramento nazionale a metà strada, il 4%. E invece le simulazioni – effettuate sia per la camera che per il senato, sia sulla base dei risultati alle politiche del 2018 che alle europee del 2019 – hanno aperto uno spiraglio verso una soluzione diversa, la seconda scelta di tutti. Quella che assomiglia al sistema spagnolo e che il Pd chiama «a soglia implicita».

LE DIFFERENZE con il sistema spagnolo ci sono. Lì le circoscrizioni sono tantissime, una per ogni provincia (cinquanta), in media eleggono sette deputati, la soglia di sbarramento implicita è parecchio alta e ce n’è comunque una esplicita del 3%. In questo modello il numero delle circoscrizioni è decisivo: più ce ne sono, più sono penalizzati i partiti minori e favoriti quelli maggiori, più forte è l’effetto di correzione al proporzionale. Non a caso da noi la discussione tra i partiti ha preso la strada di un braccio di ferro sul numero delle circoscrizioni. Che oggi per la camera dei deputati sono 28 (20 per il senato), quindi poche: nel caso fosse effettivamente scelto questo modello il Pd e M5S punterebbero ad arrivare a 42 circoscrizioni, Leu e Iv si fermerebbero a 36.

Dalle simulazioni viene fuori che, alla camera, un partito attorno al 3% o poco più può ottenere un consistente diritto di tribuna con il sistema a riparto circoscrizionale – 13 o 8 seggi a seconda che le circoscrizioni in totale siano 36 o 42 – e naturalmente nessun seggio nel caso di sbarramento nazionale al 4%. Particolare decisivo, Leu con il 3,4% alle elezioni del 2018 ha conquistato 14 deputati, quando però si correva per 630 seggi. Mentre le simulazioni di D’Incà sono fatte sulla base dei nuovi numeri dopo il taglio dei parlamentari, 400 deputati (392 eletti in Italia) e 200 senatori (196 eletti in Italia). Quindi l’eventuale adozione del modello simil spagnolo (più simile a quello portoghese) per la sinistra a sinistra del Pd rimedierebbe alla penalizzazione della rappresentatività che si dava per scontata dopo il taglio dei parlamentari. Addirittura con questo sistema potrebbero eleggerebbe un deputato anche la lista di Potere al popolo, che nel 2018 ha raccolto l’1,1% e persino quella di CasaPound (0.9%), in entrambi i casi nella circoscrizione più grande, quella di Roma.

PER I PARTITI MAGGIORI è più interessante la simulazione effettuata con i dati delle europee, in quel caso la Lega ha raccolto il 34,3% che si avvicina molto alla supermedia Youtrend degli ultimi sondaggi, 32,7%. Alla camera guadagnerebbe 150 seggi (su 400 totali) con lo sbarramento nazionale al 4% e 132 con il sistema simil spagnolo. Fratelli d’Italia, data oggi attorno al 10%, avrebbe tra i 40 e i 50 seggi. In questo modo i due partiti sovranisti potrebbero raggiungere la maggioranza assoluta, che sarebbe certa con l’apporto di Forza Italia (sotto i 30 seggi). Il Pd con un risultato attorno al 20% starebbe tra i 90 deputati con il metodo spagnolo e circa 100 con lo sbarramento al 4%. I 5 Stelle con il 17% delle europee (ma il trend è in discesa) avrebbero gli stessi deputati, 74, con entrambe le leggi elettorali. Italia viva che bordeggia il 5% può prendere tra i 20 e i 30 seggi.

UN’ALTRA VARIABILE decisiva è quella del metodo matematico che si sceglierà di usare per attribuire i seggi, ce ne sono di più favorevoli ai partiti grandi come il metodo D’Hondt (che si usa in Spagna) e di più rispettosi della proporzionalità, come il metodo del quoziente naturale. Pd e 5 Stelle naturalmente spingono per introdurre anche per questa via un correttivo maggioritario. Sono possibili, e probabili, compromessi, come il cosiddetto metodo del quoziente naturale più uno.
Il tavolo della maggioranza tornerà a riunirsi la prossima settimana, ormai manca davvero poco al 20 dicembre, data in cui c’è l’impegno di presentare un testo di legge condiviso. Che a questo punto dovrebbe muoversi su questo schema del modello simil spagnolo. «Un sistema proporzionale è giusto perché evita che qualcuno diventi padrone del paese», ha detto Dario Franceschini. E, anche se dichiara di farlo «a malincuore», il Pd si è avviato su questa strada. Ma i nostalgici del maggioritario guardano al 15 gennaio, quando la Corte costituzionale si pronuncerà sul tentativo leghista di introdurre per via referendaria un sistema ultra maggioritario, bipolare. Difficilmente il quesito sarà ammesso, ma nel caso lo fosse cambierebbe in un colpo solo tutta la partita.