Mentre i media internazionali seguono minuziosamente le provocazioni rimpallate tra Cina e Stati uniti nel Mar Cinese Meridionale col timore che un passo falso possa innescare uno scontro a fuoco, a Capitol Hill la guerra è già iniziata e si disputa a colpi di soft power.

Nei mesi scorsi, un disegno di legge bipartisan, il Countering Information Warfare Act, è stato introdotto in Senato con l’intento di difendere la prima potenza mondiale dalla propaganda estera e dalle operazioni di disinformazione lanciate dai governi stranieri, «inclusi Federazione Russa e Repubblica popolare cinese». Come si legge sul sito del Congresso, l’Ciwa riconosce i progressi inanellati dagli altri player globali nel «controllo delle informazioni per raggiungere obiettivi nazionali a scapito di Usa e alleati» . La controffensiva messa in campo prevede lo sviluppo di «una strategia per contrastare la disinformazione e la propaganda estera, e affermare la leadership nello sviluppo di una narrazione strategica basata sui fatti».

Obiettivo da raggiungersi sopratutto – chiarisce la bozza- « proteggendo e promuovendo una stampa libera, sana e indipendente in quei paesi vulnerabili alla disinformazione straniera». Il provvedimento, sponsorizzato dai senatori Rob Portman (repubblicani) e Chris Murphy (democratici), già sottoposto ad una doppia lettura in Senato, è stato inoltrato al Committee on Foreign Relations, la commissione permanente incaricata, tra le altre cose, di supervisionare e finanziare piani di aiuto all’estero, oltre alla vendita di armi e alla fornitura addestramento ai paesi amici.

La bozza prosegue specificando che, entro e non oltre 180 giorni dall’entrata in vigore della legge, verrà istituito un centro specifico (il Center for Information Analysis and Response) sotto il controllo del Segretario di Stato in coordinamento con il Segretario alla Difesa, il Direttore dell’Intelligence nazionale, e la Broadcasting Board of Governors, l’agenzia federale bipartisan responsabile per tutti i mezzi di comunicazione non militari finanziati dal governo degli Stati uniti; compresi Radio Liberty e Radio Free Asia, le due emittenti specializzate nella copertura di notizie sulla condizione dei diritti umani nell’area ex sovietica e in Asia, con occhio particolarmente attento a quanto succede nelle regioni autonome cinesi di Tibet e Xinjiang, dove la libertà di movimento dei giornalisti stranieri è piuttosto limitata.

L’iniziativa di Washington ricalca l’istituzione da Parte dell’Unione Europea di una piccola unità all’interno del European External Action Service, mirata a contrastare la vulgata del Cremlino diffusa attraverso media outlet sponsorizzati dal governo russo, quali Rt e Sputnik. Fin qui, niente di eclatante. Come spiega su The National Interest Claire Chu, esperta di sicurezza dell’American University, tutto il periodo della Guerra fredda ha visto l’Occidente e il blocco sovietico spararsi vicendevolmente bordate ideologiche. La vera novità del Countering Information Warfare Act sta nel primo esplicito tentativo di risposta a una «minaccia» cinese, in un momento in cui Pechino e Mosca sono sempre più allineati nella difesa dei rispettivi interessi nell’Asia-Pacifico e nel presentarsi al mondo come valide alternative al modello statunitense basato sulla difesa di valori (non per tutti) universali.