Adozioni, affido, case famiglia. Fino al 26 maggio c’è da scommettere che tra i temi che terranno banco ci saranno anche questi visto che sia Lega che 5 Stelle ne hanno fatto cavalli di battaglia delle rispettive campagne elettorali per le europee. E allo stesso tempo nuovo motivo di scontro interno alla maggioranza gialloverde. Scontro che si annuncia sempre più duro, specie sul disegno di legge sull’affido condiviso del senatore leghista Pillon. «Quel testo è chiuso, non arriverà mai in aula, non se ne parla più» ha detto ieri il sottosegretario Vincenzo Spadafora, da qualche giorno assurto al ruolo di frontman 5 stelle nel confronto sempre più ruvido con il Carroccio.

Affermazioni che ovviamente non piacciono in casa leghista e che hanno l’effetto di chiudere anche quel piccolo spiraglio offerto inizialmente a possibili modifiche, per alzare invece un muro in difesa del provvedimento. Compito che viene affidato in prima battuta al capogruppo al Senato Massimiliano Romeo, che ai grillini ricorda che temi come «bigenitorialità» o revisione dell’assegno di mantenimento fanno parte del contratto di governo sottoscritto anche da loro. E poi dallo stesso Matteo Salvini, che giudica il testo Pillon «un buon inizio» e ne approfitta per attaccare il sottosegretario: «Forse Spadafora non lo sa, o non è un problema che vive sulla sua pelle. Però è pieno di bambini che vengono usati dagli adulti per i propri litigi e non è corretto e non è giusto».

Si capirà presto se il M5S è deciso a fare sul serio oppure se le sue sono solo parole. Il ddl Pillon porta infatti la firma di nove senatori, cinque della Lega e quattro pentastellati, ma soprattutto è all’ordine del giorno dell’ufficio di presidenza della Commissione giustizia del Senato previsto per oggi. «Spadafora chieda ai senatori del M5S di ritirare le firme alla proposta, cosa che ovviamente non è stata fatta, altrimenti le sue parole sono solo una presa in giro», scrive su Facebook la deputata dem Giuditta Pini. E come lei la pensano anche la senatrice del Pd Monica Cirinnà e la vicepresidente della Camera Mara Carfagna (Fi) che taglia corto: «Bigenitorialità, figlio diviso a metà, mediazione familiare obbligatoria, non se ne sente proprio il bisogno».

Salvini intanto va come sempre per la sua strada. Parlando sabato al World congress of families di Verona il ministro aveva indicato nel «business della case famiglia» la nuova campagna di cavalcare dopo quella «sull’immigrazione clandestina». Tema lanciato dopo aver pasticciato non poco sulle competenze riguardo alle adozioni, attribuite da Salvini al solito Spadafora quando invece sono del ministro per la Famiglia, leghista anche lui, Lorenzo Fontana. Ieri il vicepremier è tornato sull’argomento con i soliti toni da battaglia: «Su adozioni e case famiglia andremo fino in fondo», ha annunciato prendendosela in particolare con le seconde per le quali vorrebbe una commissione d’inchiesta parlamentare: «Sono tante, troppe le segnalazioni che mi arrivano da mamme e papà a quali sono stati sottratti i figli, con motivi da approfondire. E’ un business da centinaia di milioni di euro», ha detto il titolare del Viminale.
«Il ministro non conosce i processi normativi italiani», replica a Salvini Liliana Marelli, referente per i minorenni del Cnca, il Coordinamento nazionale della comunità di accoglienza. «Ad allontanare i minori dalle famiglie è un decreto del Tribunale dei minorenni, che viene fatto su una segnalazione che può essere dei servizi sociali, della scuola, dei vicini di casa, dei cittadini.

Dopo un ampio processo di approfondimento, durante il quale le famiglie di origine hanno diritto alla difesa, si arriva in certi casi allontanamento e all’accoglienza in comunità. Non è la comunità che allontana o sequestra, i minorenni arrivano con un provvedimento del tribunale dei minorenni a seguito di un lungo processo».

E 5 Stelle? Insieme alla Lega governano ormai da un anno senza aver prodotto una sola misura in favore della famiglia. Della quale invece, proprio come il Carroccio, scoprono oggi l’importanza con Luigi Di Maio che ieri ha promesso «provvedimenti nel prossimo Def per aiuti alle famiglie sul modello francese: 50% di sconto sui pannolini, 50% sulle spese per la baby sitter e coefficiente familiare che si abbatte a seconda di quanti figli hai». Un modello francese da contrapporre a quello della Lega, che per quanto riguarda la famiglia preferisce imitare puntare a quanto fatto in Ungheria da Viktor Orbán.