Giunto da Londra a Piacenza per il doppio e a grande richiesta gig al Milestone Jazz Club, Konitz (91 anni il prossimo ottobre) resta forse con Toquinho, Michel Portal e Vijay Iyer la maggior attrazione del cartellone dell’edizione 2018 di Piacenza Jazz. Accompagnato da un trio di tutto rispetto, guidato dal pianista Florian Weber, già leader dei Minsarah con i quali Konitz nel 2015 registrò per Enja uno dei suoi ultimi migliori dischi Live at Village Vanguard, e completato dal contrabbassista Jeremy Stratton e dal batterista George Schuller, figlio del leggendario Gunther, didatta, compositore e storico del jazz scomparso tre anni fa.

Desideroso solo di suonare ha accettato di rispondere a una serie di domande, ma a modo suo, tutto preso sia dalla promozione del suo ultimo album, Decades, registrato in duo con il pianista Dan Tepter sia dal suo strumento che poi, durante il concerto, finiva per «non lavorare» come avrebbe dovuto fare. Quel «don’t work», non lavora, sembrava mettere i punti tra un brano e l’altro, in cui Konitz ha più usato la voce che il sassofono, terminando il primo dei due set con lo strepitoso bis di ‘Round Midnight, sempre assecondato dal colto e raffinato pianismo di Weber, a suo avviso «uno dei migliori specialisti dello strumento oggi sulla piazza».

Konitz è stato protagonista del rinnovamento del «bop» a partire dalla partecipazione alle session che originarono The Birth of the Cool: «Non è molto facile per me ricordare perché venne scelto come formazione il nonetto. Rammento che uscivo da una collaborazione con Thornhill e venni presentato a Miles Davis. Lui e Gerry Mulligan mi aiutarono molto e valorizzarono il mio modo di suonare. Anche Roach mi incoraggiò molto. Era un musicista serio e rigoroso. Mentre con Gil Evans condividevo la venerazione per Lennie Tristano, che ho considerato sempre tra i miei maestri». Mentre evita, con accenno polemico, di esprimersi sulle nuove leve del jazz riconosce come questo abbia avuto un forte sviluppo fuori degli Stati uniti.

Ma, l’interesse che oggi ha per la musica improvvisata supera di gran lunga il passato che l’ha visto consapevolmente musicista al servizio di altri musicista:«Il mio è stato un approccio democratico alla musica, mi piaceva di più essere parte di un gruppo che star lì a chiamare i pezzi e a dare indicazioni».