Una passionaccia per l’heavy metal scoppiata a ottant’anni suonati. Invitato dagli italianissimi Rhapsody of Fire a prestare il suo leggendario timbro vocale alla narrazione del disco Symphony of Enchanted Lands II: The Dark Secret, Christopher Lee scopre una dimensione completamente nuova nella quale esprimersi fra il serissimo e il faceto. Alfieri di un’idea cinemascope del metal, definito dagli stessi membri della band Hollywood metal o Film Score metal, i Rhapsody of Fire, invitando Lee a prestare la sua voce ai loro affreschi fantasy d’ambiente medievale, seguono le orme dei «maestri» Manowar i quali per il loro album d’esordio Battle Hymns del 1982, convocano Orson Welles in veste di narratore del brano Dark Avenger.

Per restare invece nell’ambito dei confini nazionali, i Death SS, nel 1991, richiedono la presenza di Oliver Reed, l’attore inglese (interprete de I diavoli di Ken Russell e L’implacabile condanna di Terence Fisher) dona la sua voce al brano Walpurgisnacht contenuto nel disco Heavy Demons.

La collaborazione fra i Rhapsody of Fire e Sir Christopher Lee è talmente soddisfacente da convincere band e attore e ripetere l’esperimento. Nel 2005, infatti, il singolo The Magic of the Wizard’s Dream, vede di nuovo la partecipazione di Lee ma non più in veste di narratore bensì in quella di interprete. Una vera e propria epifania metal per l’attore e i suoi numerosissimi ammiratori. La collaborazione con i Rhapsody prosegue e termina nel 2010, per il disco From Chaos to Eternity, capitolo finale della saga dell’Oscuro segreto. Nello stesso anno Lee viene contattato dai Manowar che intendono riregistrare il loro Battle Hymns, ribattezzato per l’occasione Battle Hymns MMXI, nel quale l’attore britannico sostituisce Orson Welles in veste di narratore. Ed è sempre nel 2010, per la precisione il 14 giugno, che Tony Iommi, fondatore dei Black Sabbath, conferisce a Lee il prestigioso Golden God Award della rivista Metal Hammer nel corso della cerimonia svoltasi all’O2. Nel corso del suo breve discorso, con grande spirito (auto)ironico, dichiara di dovere delle scuse ai Saxon per il verso I shed the blood of Saxon Men (Ho versato il sangue dei sassoni) contenuto nel brano The Bloody Verdict of Verden tratto dal disco Charlemagne: The Sword and the Cross (senza contare Massacre of the Saxons che si trova nell’album successivo Omens of Death).

La nostra musica noi la chiamiamo symphonic metal» spiegava al pubblico in estasi; «Ma è sempre metal», concludeva da consumato showman provocando un applauso da brividi. Lee, che aveva già dato ampia prova del suo talento vocale di matrice operistica nell’album Sings Devils, Rogues & Other Villains (From Broadway To Bayreuth And Beyond)del 1996, trova nel metal sinfonico, probabilmente il genere più vilipeso in assoluto dagli arbitri del gusto e della coolness, una comfort zone nella quale giocare con la propria immagine e la sua schietta passione musicale, senza doversi preoccupare troppo di dimostrare niente a nessuno. Una scelta in sintonia con una carriera irripetibile nella quale altissimo e bassissimo s’intrecciano indissolubilmente.