Nel mega contenitore che il ministero dell’Istruzione (e del merito) chiama Educazione civica ora c’è anche la Patria. Come aveva scritto il manifesto ad aprile scorso, nelle nuove linee guida che sta disegnando Giuseppe Valditara erano stati inseriti, a scapito dell’insegnamento della Costituzione, anche l’educazione finanziaria, assicurativa, al risparmio e alla pianificazione previdenziale, quella stradale, i progetti per l’ambiente e l’affettività.

Ma la bozza che sta per ricevere il Consiglio superiore della pubblica istruzione per il dovuto parere conterrebbe anche «l’educazione alla Patria». Non quella nata dalla Resistenza con il sacrificio dei partigiani. Piuttosto quella derivante direttamente dal concetto, mai abbandonato dalla destra, di Dio, Patria e Famiglia e in salsa leghista. La scuola si dovrà occupare della «formazione alla coscienza di una comune identità italiana come parte della civiltà europea e occidentale» e del « rafforzamento del nesso tra senso civico e sentimento di appartenenza alla comunità nazionale definita Patria». Questo attraverso «la valorizzazione dei territori e la conoscenza delle culture locali».

L’ossessione del ministro per l’individualizzazione dell’insegnamento viene declinata anche nell’educazione civica. Nella bozza si sottolinea «la funzionalità della società allo sviluppo di ogni individuo (e non viceversa) ed il primato dell’essere umano su ogni concezione ideologica». Anche la lotta contro le mafie sarà tradotta in «educazione al contrasto di tutte le forme di illegalità (non solo di quella impropriamente definita criminalità politica) e in particolare la criminalità contro la persona, contro i beni pubblici e privati». «Un potpourri di insegnamenti diversi veicolati in sole 33 ore in cui viene aggiunto qualsiasi contenuto per svilire completamente l’obiettivo originario di questo insegnamento: identificare diritti e formare alla partecipazione», aveva commentato Gianna Fracassi, segretaria generale Flc Cgil.

Intanto ieri Valditara ha perseverato nel suo attacco ai singoli docenti o dirigenti, come già avvenuto in passato. Chiamato a rispondere sull’insegnante di un istituto di Roma immortalato tra i suoi studenti che facevano il saluto romano, battute omofobe, sessiste e razziste, il ministro ha tergiversato. Finché non ha saputo che quel professore aveva un passato nel Pd abruzzese. A quel punto ha commentato sui social: «Chi si è precipitato a chiedermi dichiarazioni di condanna e di stigma verso il “pericoloso eversore” ha fatto una pessima figura», scagliandosi in particolare contro Anna Ascani, ex viceministro Pd all’Istruzione. Che ha replicato: «Ha davvero aspettato di verificare che partito voti il professore prima di stigmatizzarne i comportamenti? Se il professore fosse stato un elettore della Lega sarebbe rimasto in silenzio?». Anche per il resto delle opposizioni si è trattato di «polemica becera» aizzata per minimizzare il rigurgito fascista. «Ma chi se ne frega di quale partito è quel prof? A fare una pessima figura è proprio Valditara» hanno detto i Cinquestelle