Ho passato i 70 e poca salute. Mio padre era operaio e mia madre casalinga. Io sono stato più fortunato (un tempo i figli stavano meglio dei padri). Ho fatto per 45 anni il professore universitario e ho una pensione quasi pari allo stipendio (raro privilegio).

La mattina porto a passeggio un piccolo cane di nome Scodi (diminutivo di Scodinzolo) e così se trovo i cassonetti sotto casa pieni (lo sono quasi sempre), faccio un po’ di strada per trovarne dei vuoti. L’età e gli acciacchi mi impediscono di partecipare ai cortei delle sardine, tanto più di saltare come fanno loro, ma ogni volta che ce n’è uno lo seguo da vicino col mio passo, che non è il loro. Cerco di confondermi, ma indubbiamente devo sembrare un pesce fuor d’acqua, per i capelli bianchi, per la barba, anch’essa bianca e per l’anagrafe. Però li osservo con simpatia e un pizzico di invidia per la gioia che sprizza da ogni loro sorriso, con speranza, ma mai con la rassegnata convinzione che diventati grandi infoltiranno la schiera di coloro che distruggono l’ambiente, come ha fatto la mia generazione che pure ha conosciuto momenti (politici) eroici.

Posseggo una macchina, va a benzina e la uso quanto meno posso. A Roma dei mezzi pubblici non ci si può fidare, così ho preso l’abitudine (anche per motivi di salute) di fare a piedi lunghi percorsi per recarmi a un appuntamento. Fumo molto , ma questa è l’eredità nociva che mi viene dal passato, dalle tante riunioni politiche e sindacali cui ho partecipato da giovane. Allora, fumare, mi faceva sentire uno di loro, essere grande. Sempre per motivi anagrafici non potrei attraversare l’oceano in barca, come fa Greta, ma, in compenso, prendo l’areo il meno possibile.

Qualche rara volta vado all’Ikea; lo faccio quando mi si rompe un armadio o quando ho bisogno di una nuova lampada da tavolo. Il mio contributo all’ambiente è ridotto, me ne rendo conto, non così totale come vorrei, non come quello del Friday for Future. Non vado a quei convegni dove si parla di sostenibilità se per recarmici devo prendere l’automobile e spargere CO2 per tutta Italia; questa lezione l’ho appresa da un vecchio collega universitario, un ecologo. Possiedo diverse giacche e dal momento che non cresco più, non sento alcun bisogno di comprarne delle nuove. Più di così, per l’ambiente, non potrei fare.

Certe volte calcolo il mio contributo al deterioramento del clima: mi dico, autoassolvendomi, che sono sotto la media dei consumi. Intorno a me vedo amici anch’essi parsimoniosi che arrivano alle riunioni a piedi e tornano a casa con i mezzi pubblici. Certo, l’estate vado in vacanza, al mare o in montagna con i miei due nipotini, ma a Natale, da un anno, abbiamo introdotto una nuova usanza ecologica. Siccome nella famiglia allargata che frequento c’era l’uso di fare ognuno dei regali per i bambini, col risultato finale che ciascuno di loro riceveva più regali di quanti ne avesse chiesti, abbiamo deciso, dividendoci i compiti, che ogni adulto fa un solo regalo per uno solo dei bambini. In questo modo abbiamo ridotto di sei volte i regali e i bambini nemmeno se ne sono accorti avendo ognuno di loro il proprio.

Forse, mi dico, potrei fare di più e subito dopo mi consolo pensando che se tutti facessero come me, i consumi si ridurrebbero di molto. Provo tuttavia vergogna e rabbia insieme quando sento in Tv che politici che hanno sbagliato tutto (politicamente), e tutt’ora perseverano nei loro errori, riservano alle sardine giudizi paternalistici o addirittura insulti riguardo la loro “impoliticità”. E se noi, ai nostri tempi, ci fossimo comportati come loro non viene il dubbio che ora saremmo in un mondo meno inquinato e forse meno ingiusto?